di Andrea Koveos
Le ultime elezioni regionali del Lazio si sono svolte in maniera impropria. E il 18 aprile il Tar dovrà decidere se annullare le elezioni, rimandare il tutto alla Corte Costituzionale o rigettare il ricorso. Quale ricorso? Quello presentato dai Radicali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, insieme con Giuseppe Paliotta (presidente del Movimento cittadini e lavoratori), Donato Robilotta, presidente dei Socialisti riformisti, dai Verdi di Angelo Bonelli e dai primi dei non eletti del Pdl Antonello Iannarilli, Antonio Cicchetti ed Enrico Tiero, contro la riduzione del numero dei consiglieri da 70 a 50 decisa nel decreto di indizione delle elezioni regionali, firmato dall’allora presidente, Renata Polverini.
Il provvedimento della governatrice fu adottato per rispondere alla precisa volontà del governo (decreto legge 174 dell’ottobre 2012) di ridurre i costi della politica attraverso la contrazione della rappresentanza consiliare. Dal punto di vista dell’opportunità politica decisione ineccepibile, salvo garantirne la legittimità costituzionale. Legittimità che, leggendo la relazione del costituzionalista Michele Ainis, professore ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università degli Studi di Roma III, è venuta meno, fermo restando la necessità di coinvolgere le Regioni al contenimento delle spese.
La legge dello Stato che pretenda di correggere uno Statuto regionale è “doppiamente incostituzionale” perché reciderebbe l’autonomia delle Regioni e perché sostituirebbe il procedimento “rafforzato” di cui all’art. 123 Costituzione con la normale procedura di approvazione della legge parlamentare.
Il governo, inoltre, ha imposto alla Regione qualcosa di impossibile perché il Consiglio regionale del Lazio, essendo dimissionario prima che il decreto fosse approvato, non sarebbe potuto intervenire per modificare lo Statuto. Intanto la riduzione dei consiglieri ha già prodotto effetti inaspettati. Nella Provincia di Rieti, tanto per fare un esempio, è come se non si fossero svolte le elezioni, visto che nessun consigliere (di nessun partito) è estato eletto.
Questo perché, come lo stesso professor Ainis si era chiesto, il criterio adottato dallo Statuto della Regione Lazio, riferendosi al numero di settanta consiglieri, non può offrire alcuna indicazione ove tale cifra venga ridotta a cinquanta consiglieri. Come ripartire, infatti, i seggi in palio fra i consiglieri eletti attraverso il “listino” e quelli eletti secondo il metodo proporzionale? Una cosa è certa: se l’ispirazione che sorregge il decreto legge 174 consiste nel porre un argine contro gli eccessivi costi delle politica, allora tanto varrebbe eleggere tutti e cinquanta i consiglieri con metodo proporzionale, eliminando il listino bloccato, che piove dall’alto e che è stabilito dalle segreterie politiche dei partiti.
D’altronde nel caso della Regione Lazio, in base all’ultimo censimento generale della popolazione (effettuato nel 2001, e dichiarato attraverso il d.p.c.m. 2 aprile 2003), le elezioni andrebbero indette per un numero di consiglieri pari a 50 più uno. Insomma il decreto, approvato anche con l’obiettivo di restituire dignità e prestigio alle assemblee legislative, ha scatenato nel Lazio una serie di effetti che potrebbero causare, come conseguenza ultima, un ritorno alle urne. Il pur nobile scopo potrebbe, però, considerarsi affetto da un vizio d’illegittimità costituzionale: sia per difetto del requisito “straordinario di necessità e d’urgenza”, non sanabile dall’eventuale conversione parlamentare del decreto, sia per violazione delle competenze legislative e statutarie riservate alla Regione.
Intanto la nuova Giunta, guidata da Nicola Zingaretti, è ottimista e confida nei tempi della giustizia amministrativa.
Il Tar, infatti, potrebbe rinviare la sentenza, per altri adempimenti, aspettando che la Regione legiferi e corregga il tiro in senso “più costituzionale”.
Alle brutte, l’amministrazione farà ricorso al Consiglio di Stato. Se si andrà a votare di nuovo nessuno lo può prevedere, certo è che se saranno fissate anche nuove elezioni politiche gli scenari potrebbero cambiare.