Quando c’è di mezzo la Rai nessun governo può ritenersi al sicuro da attacchi alle spalle. La lottizzazione di Viale Mazzini è una priorità per i partiti. Da sempre. La Rai di Manca era di Craxi. Quella di Agnes era di De Mita. Quella di Bernabè era di Fanfani. E quella di Renzi? Per il rottamatore non sarà facile trovare la mulattiera giusta che lo porti in vetta al picco senza rischiare di rompersi l’osso del collo. Voleva la riforma con un amministratore delegato e due consiglieri in meno, e invece ha trovato tanti di quegli ostacoli che ha dovuto accettare di nominare la nuova governance con la vecchia legge Gasparri. Seppure il ddl diventerà legge. Come se il cambio di rotta non bastasse, ecco che l’avvertimento arriva dalla minoranza Pd che in Senato vota con la minoranza un emendamento sul canone e affossa il governo, a cui non basta il soccorso di Verdini e dei verdiniani presenti. Quindi a costo di spaccare il Pd, sulla Rai i bersaniani non rispettono nessun diktat e al contrario del caso Azzollini prendono a schiaffi i compagni di partito. Che cosa accade ora? Restando in ambito perimetrato alla Rai, Renzi è davanti a un bivio: o usare guanti e bisturi per scendere a compromessi di microchirurgia per la scelta del nuovo direttore generale di Viale Mazzini, oppure andare avanti come un panzer e scegliere il suo capo azienda che prenderà il posto di Gubitosi.
TEMPI RAPIDI
Intanto il 4 agosto la commissione di Vigilanza sceglierà i 7 consiglieri del cda Rai. Questa volta ci sarà sicuramente anche l’esponente dei Cinquestelle. Pensate che spettacolo se dovesse essere Beppe Grillo il prescelto! A Viale Mazzini solo all’idea scatta il terrore. Fare il guastafeste del sistema più lottizzato potrebbe stimolare il comico genovese ad accettare la sfida. Il ministro Padoan designerà il consigliere rappresentante del Tesoro e indicherà il presidente che poi dovrà essere votato dai due terzi della vigilanza per passare. A quel punto al governo non resterà che scoprire l’ultima carta a disposizione, quella del nome del dg che poi dovrà essere votato sempre dal cda. Per quanto riguarda i 9 consiglieri da scegliere in Vigilanza: 4 spetteranno al Pd e 3 all’opposizione (1 a Forza Italia, 1 ai Cinquestelle e il terzo probabilmente alla Lega) più i 2 governativi scelti da Padoan. Tra i nomi spendibili anche quelli di due addetti ai lavori come Carlo Freccero e Milena Gabanelli.
IL VALZER DEI NOMI
In cima alla lista per i papabili alla presidenza di garanzia c’è sempre Luisa Todini, tallonata da Franco Bassanini. Si fanno i nomi anche di Giulio Anselmi, di Paolo Mieli e di Ferruccio de Bortoli, ma quest’ultimo probabilmente potrebbe preferire la candidatura a sindaco di Milano. Chi si sta agitando molto per conquistare la poltrona di presidente è Antonio Pilati, l’artefice della legge Gasparri. Per questo incarico è importante che ci sia il parere favorevole dell’opposizione. Per quanto riguarda il nome del dg, nemmeno Lotti sa che cosa pensa Renzi. Occorre un nome che abbia un curriculum indiscutibile. Nel borsino resta in pole Maria Patrizia Grieco, presidente Enel, mentre riprendono quota i due manager renziani Novari e Campo Dall’Orto. Certo, Grieco e Todini sono due nomi spendibili anche perché portano in dote le presidenze di Enel e Poste, incarichi che permetterebbero a Renzi di avere più margini di trattativa nel risico delle nomine con oppositori interni ed esterni al Pd.
I NUOVI VICEDIRETTORI
Il cda uscente ha approvato tre nomine di vicedirettori della Tgr: Giuseppina Paterniti, Ines Maggiolini, Renato Cantore. Avvicendamenti per sostituire Giuseppe Gioia, Carlo Verna e lo scomparso Pietro Pasquetti.