di Ginevra De Carli
Le liberalizzazioni non possono essere la panacea di tutti i mali. Ormai vengono viste come la ricetta più adatta per sconfiggere la crisi economica nel nostro Paese. In realtà stanno creando una zona franca dove le regole non sono uguali per tutti. E’ quello che sta succedendo in ambito sanitario. L’obiettivo dei provvedimenti adottati negli ultimi due anni è stato quello di abbattere la spesa farmaceutica.
Il risultato, invece, è stato la creazione di una concorrenza sleale tra farmacie e parafarmacie.
I provvedimenti del Governo
Con il decreto Salva Italia, approvato nel dicembre 2011, si è voluto deregolamentare il controllo su alcuni medicinali.
All’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) è stato dato il compito di stilare una lista di circa 230 farmaci per i quali non è più necessaria la prescrizione medica e che quindi possono essere venduti anche al di fuori del canale tradizionale della farmacia.
Tutto questo si è tradotto in vittoria per le parafarmacie che, non paghe, ora mirano alla totale liberalizzazione della fascia C.
“Ma se si andasse in questa direzione l’Italia sarebbe un’eccezione rispetto al resto d’Europa dove questi farmaci continuano ad essere venduti esclusivamente nel circuito farmaceutico”, spiega Franco Caprino, presidente di Federfarma Roma e Lazio.
Senza contare poi che i cosiddetti “negozi di vicinato” pretendono di essere equiparati alle farmacie senza però sottoporsi alle stesse regole: (distanza minima da un esercizio all’altro, obbligo di concorso per i titolari e convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale).
Ulteriori limitazioni per i farmacisti sono state inserite, poi, con il decreto Cresci Italia del marzo 2012, che ha introdotto il limite di età (65 anni) per i titolari, ha rivoluzionato il concetto di pianta organica (la mappa delle farmacie sul territorio) e ha imposto l’apertura di 5 mila nuovi esercizi.
Tutto questo però, al contrario di quello che si può immaginare, non ha avuto ricadute positive sull’occupazione. Anzi, il settore delle farmacie, ha accusato un colpo pesantissimo con un calo del lavoro che ha travolto tutta la filiera, dai trasportatori ai fornitori, generando numeri impressionanti di disoccupazione. Ma non basta.
La mannaia finale è arrivata con la Spending Review approvata a luglio 2012 che ha determinato un ulteriore contingentamento della spesa farmaceutica convenzionata dimenticandosi invece di controllare quella ospedaliera i cui costi lievitano ogni anno in maniera esponenziale.
La ricerca
Come ha dimostrato uno studio del prof. Federico Spandonaro, economista dell’Università di Tor Vergata, che ha evidenziato come queste misure hanno portato ad una estrema sofferenza di tutto il sistema che non riesce più a sostenersi con i soli farmaci di Fascia A, ancora distribuiti da Ospedali ed ASL, con una inevitabile ricaduta sulla qualità dei servizi e sui costi.
Tanto che sempre più esercizi sono costretti ad abbassare la saracinesca perché non riescono a far fronte alle spese.
I provvedimenti emanati dal governo incidono solamente sugli sconti che vengono richiesti alle farmacie e non sul costo del farmaco alla produzione. Solo questo intervento, infatti, determinerebbe un risparmio vero per il cittadino.
La salute non può e non deve essere equiparata a un business qualsiasi in cui la logica del profitto prevale sull’interesse generale e i farmaci vengono trattati con il sistema del paghi due prendi tre.
La stessa logica che anima la grande distribuzione che con l’apertura di corner nei supermercati e negli ipermercati si è messa in concorrenza con le farmacie.
Il luogo comune è che la sanità rappresenti un costo troppo alto per lo Stato.
In realtà l’Italia spende in media il 35% in meno rispetto al resto d’Europa. E visto che il trend mondiale è la protezione del Sistema sanitario nazionale, per chi lo ha (Regno Unito) e la costruzione di uno Stato Sociale per chi non lo ha mai sperimentato (Stati Uniti), l’obiettivo dovrebbe essere quello di proteggerlo anche e soprattutto in un momento di crisi come quello attuale.
“Ma per far questo bisogna ripartire proprio dai nostri quartieri, dove la farmacie rappresentano un servizio essenziale e un riferimento reale per il cittadino”, spiega Angelo Izzo, consigliere Federfarma Roma.
La proposta di Federfarma
Su questo principio, nella Capitale è stata creata la Cooperativa Sociale “Salute e Cura” che nasce da Federfarma Lazio con l’intento di realizzare percorsi socio-sanitari a vantaggio di tutti i cittadini e condivisibili da tutte le farmacie.
Ormai non è più tempo di tagliare ad occhi chiusi.
È tempo di proporre soluzioni a vantaggio di tutti i cittadini, tutelando la professionalità di imprese e maestranze.
Le farmacie sono da sempre entità credibili e affidabili per il cittadino che oggi possono creare una salute credibile e affidabile.