di Stefano Sansonetti
Mattone pubblico sempre più amaro. Non soltanto lo Stato non riesce a guadagnarci sopra con le dismissioni, rese complicate da una situazione di mercato ancora difficile. Il dato più sconsolante è che intorno al patrimonio pubblico sono germogliati “carrozzoni” che si occupano della stessa cosa con centinaia di dipendenti e costi alle stelle. Un esempio può essere utile a mettere a fuoco l’andazzo. Si tratta dell’incredibile girandola di poltrone al centro della quale è finito Stefano Scalera. Manager pubblico di lungo corso, recentemente è stato nominato nel Cda di Invimit, la società del Tesoro che gestisce fondi immobiliari. In precedenza lo stesso Scalera era seduto sulla poltrona di direttore dell’Agenzia del Demanio, che sempre di mattone pubblico si occupa. Ancora prima, invece, era responsabile della Direzione VIII del Tesoro, quella che ha nel core business la valorizzazione del patrimonio dello Stato.
UN GINEPRAIO
Naturalmente la questione non è Scalera, ma il suo percorso ci introduce nell’ipertrofico mondo di società, agenzie e strutture che a vario titolo si occupano di immobili di Stato. Siamo sicuri che siano tutte indispensabili? Domanda tanto più urgente se si dà un’occhiata ai numeri, partendo dal centro. Al ministero di via XX Settembre, oggi guidato da Pier Carlo Padoan, c’è il Dipartimento del Tesoro. Al suo interno la Direzione VIII si occupa di “valorizzazione dell’attivo e del patrimonio dello Stato”, nel quale ovviamente ci sono gli immobili. A capo c’è un dirigente di prima fascia, Bruno Mangiatordi, coadiuvato da 4 uffici guidati da altrettanti dirigenti. Sempre dal ministero dell’economia, poi, dipende l’Agenzia del Demanio, deputata alla gestione del patrimonio immobiliare pubblico. L’Agenzia, a capo della quale troviamo ora il renzianissimo Roberto Reggi, conta sulla bellezza di 1.040 dipendenti, di cui 50 dirigenti. Il personale, tutto compreso, secondo i dati 2014 costa 58,8 milioni di euro. Ancora, il ministero dell’economia controlla Invimit, di fatto la società immobiliare del Tesoro che gestisce fondi. A parte la scarsa trasparenza on line su dotazione organica (“sezione al momento non valorizzabile”) ed emolumenti (“in aggiornamento in base alle determinazioni del comitato remunerazione”), di sicuro la società guidata dall’appena confermata Elisabetta Spitz presenta 5 consiglieri di amministrazione, 5 sindaci, 5 dirigenti, 15 consulenti (tra chi ha concluso l’incarico a fine 2014 e chi lo ha ancora). Dal bilancio 2014 viene fuori che le spese per il personale sono salite da 545 mila euro a 2,08 milioni e quelle amministrative da 500 mila euro a 1,8 milioni. Per carità, si potrà dire che l’avvio dei fondi immobiliari è stato laborioso e gli investimenti in personale sono giocoforza crescenti. Ma è un fatto che a due anni dall’istituzione la società, che ha chiuso il 2014 in perdita per 2,2 milioni, ha concluso davvero ben poco.
GLI ALTRI
Poi c’è tutto l’universo dipendente dalla Cassa Depositi e Prestiti, che sempre al ministero dell’economia è da ricondurre. Ebbene la Cdp, a capo della quale a breve dovrebbero arrivare Claudio Costamagna e Fabio Gallia, controlla innanzitutto Cdp Immobiliare, che si occupa di riqualificazione e commercializzazione degli immobili pubblici acquisiti da realtà nazionali e locali. Oltre al solito Cda (5 membri) e al collegio sindacale (5 membri), al 31 dicembre 2014 risultano in pancia a Cdp Immobiliare 132 dipendenti, di cui 20 dirigenti. Senza contare che l’azienda, erede di Fintecna Immobiliare, partecipa alla bellezza di sei società che hanno in pancia complessi immobiliari oggetto di riqualificazione (Alfiere spa, Cinque Cerchi spa, Manifatture Milano spa, Manifattura Tabacchi spa, Pentagramma Piemonte spa, Residenziali Immobiliare 2004 spa). E giù altri amministratori e consiglieri. Ma Cdp partecipa anche a Cdp Investimenti sgr, società di gestione di fondi immobiliari per il social housing e la valorizzazione degli immobili pubblici. Anche qui, neanche a dirlo, i soliti organi sociali e un totale di 38 dipendenti, di cui 6 dirigenti. E così, mentre non si riesce a vendere quasi niente, lo Stato alimenta con soldi pubblici società che spesso si sovrappongono e servono a poco.
Twitter: @SSansonetti