L’ultimo giro di boa, considerati i numeri di cui dispone alla Camera la maggioranza che sostiene il governo Renzi, non dovrebbe riservare particolari sorprese. Trattandosi della terza e ultima lettura del disegno di legge di riforma del mondo dell’istruzione, definito dal premier la “buona scuola”, il voto dovrebbe essere scontato. Il testo è quello modificato al Senato a fine giugno e approvato con il voto di fiducia. Il testo, quindi, è blindato, come blindati sono i tempi di approvazione per consentire già dal prossimo anno l’immissione in ruolo dei 100 mila precari previsti dalla riforma. Il rapido e facile ok in commissione sembra al momento far escludere il ricorso anche a Montecitorio al voto di fiducia, anche se le ministre Maria Elena Boschi e Stefania Giannini sono pronte a utilizzarlo in caso insorgessero improvvise difficoltà.
BRUTTO PERIODO
E con Matteo Renzi nulla è scontato, soprattutto ora che i segni di debolezza sono nettamente superiori alle dimostrazioni di forza. Ma come in questa fase l’esecutivo in carica sembra navigare a vista e il voto sulla scuola rappresenta un passaggio importante. Anzi vitale visto che palazzo Chigi sa di giocarsi definitivamente l’elettorato della scuola, tradizionale serbatoio di voti della sinistra. Ma Renzi ha bisogno di uno scalpo da mostrare all’Europa per andare avanti, guardando oltre le teste di studenti e insegnati. Il ritorno in Aula della riforma della scuola si accompagna al ritorno in piazza, a partire da quella antistante la Camera, della protesta di studenti, insegnanti, sindacati e opposizioni. L’Anief, in particolare, ha già preannunciato per settembre “una pioggia di ricorsi” a Tar e Corte costituzionale da parte dei precari esclusi dalla immediata immissione in cattedra: Sarà “un inizio di nuovo anno scolastico nel caos più totale”.
LA GUERRA
Nel frattempo anche i sindacati stanno preparando ricorsi per la declaratoria di incostituzionalità della chiamata diretta, per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale abilitato, per l’assunzione di tutti gli idonei dei vecchi concorsi, per la contestazione, anche attraverso le Rsu d’Istituto, dei criteri di assegnazione del merito al personale, per la stabilizzazione dei precari e la corresponsione del risarcimento, per la partecipazione dei laureati ai nuovi concorsi e dei ricorrenti attuali ai corsi-concorsi per dirigente scolastico. In piazza con i lavoratori della scuola anche gli esponenti di Sel e M5s, e l’ex Pd, Pippo Civati che dice: “La riforma non si fa confondendo assunzioni e riforme. Quando l’80% degli insegnanti sciopera, un Governo serio dovrebbe dire stiamo sbagliando”. I 5 Stelle, invece, porteranno in Aula alcuni insegnanti: “In questo modo potranno assistere con i loro occhi allo scempio che sta compiendo la maggioranza. L’intento del Governo”, sottolineano, è quello di “smantellare la scuola pubblica e di favorire il privato”. E proprio per questa ragione chiedono al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non firmare il Ddl e rimandarlo alle Camere.