di Francesco Nardi
Non c’è nulla di più scandaloso di un amore finito, e delle illusioni reciproche che vengono svelate sulla pubblica piazza. Avviene nelle migliori famiglie, ed è successo anche tra Beppe Grillo e Michele Santoro.
Amanti singolari, che non hanno mai fatto particolare vanto del legame che li univa, al di là delle significative differenze.
Parliamo di un rapporto che Santoro ha alimentato con grande pazienza, sdoganando la ricetta grillina e muovendosi sul sottile confine tra la promozione pubblica e il rispetto dell’aventino digitale del comico genovese. Attenzioni legittime, ispirate da un ragionevole obbligo di cronaca, e che poi sono apparse anche affettuose quando si è visto com’erano bisbeticamente ricambiate.
Questo nei tempi lontani dei meet up, quando il M5S non era che un gamberetto embrionale che si stiracchiava nell’immaginazione di Casaleggio, e poi ancora nei mesi della contestazione frontale alla politica, con la copertura televisiva di quei Vaffa Day che agitavano la piazza piantando le basi di quello che oggi è un “partito” col 25% dei consensi nel Paese.
Una difficile storia d’amore
Ma l’innamoramento muove da tempi ancora più lontani, cioè da quando Santoro era ancora in Rai e Grillo fiancheggiava sperimentalmente l’Idv di Antonio Di Pietro, sulla sponda politica, e Marco Travaglio su quella mediatica ed editoriale.
Un’operazione che trovò la sua massima espressione in quel singolare esperimento di diretta simultanea propagata ogni lunedì dal blog di Beppe Grillo, da quello di Antonio Di Pietro e da quello di Marco Travaglio, durante la quale veniva trasmessa la “telepredica” settimanale del vicedirettore de Il Fatto Quotidiano. All’epoca sembrò semplicemente una buona idea di marketing, ispirata al metodo con il quale Berlusconi si inventò la diretta nazionale organizzando il suo network di emittenti locali, ma invece si trattava dell’idea germinale di quella vocazione plebisictaria che si è poi tradotta oggi nella linea politica del leader del M5S.
C’erano una volta i blog
Così mentre in rete il sodalizio si stringeva, scaldato da uno straordinario successo di pubblico (anche così si trovò conforto per l’idea che ci fosse mercato per un quotidiano di “area”), Santoro continuava a reggere la testa di ponte televisiva, in un disegno probabilmente inconsapevole e sprovvisto di una reale strategia collettiva, ma che in ogni caso disegnava i netti confini e le straordinarie potenzialità del “manette network”.
Un’opportunità che però non prometteva solo sviluppi editoriali e politici ma che rappresentava anche un’occasione per accumulare profitto in modo immediato. Innanzitutto perché lo scambio incrociato di pubblico ha garantito la creazione di un solido bacino che si condensato in un pubblico solo, opportunamente (quanto legittimamente) bombardato dalla pubblicità di libri, dvd, e di ogni altro genere di pubblicazione che potesse ottenere virale, e vantaggiosissima, diffusione. E poi perché, la piattaforma web del blog di Antonio Di Pietro, una delle tre gambe digitali del network, funzionava anche grazie alla consulenza di Giampiero Casaleggio, ovvero dello stesso guru che ha insegnato a usare in modo imprenditoriale la rete al comico genovese.
Un dettaglio non trascurabaile, se si considera che la collaborazione tra Italia dei Valori e la Casaleggio associati era regolata da profumati compensi. Soldi che L’Idv riceveva attraverso i rimborsi elettorali, cioè proprio quelli che adesso Grillo e Casaleggio vogliono assolutamente abolire, ma che prima evidentemente erano più sopportabili.
Man mano che la creatura politica di Grillo assumeva rilevanza il network manettaro ha però perso vigore. Travaglio è stato assorbito dai fasti della sua creatura editoriale e non ha avuto più né tempo né necessità di offrire la sua notorietà a vantaggio anche del blog di Grillo e del movimento di Antonio Di Pietro.
E anche il leader dell’Italia dei valori, da partner digitale ha iniziato a essere più scomodo per il mattattore genovese che forse iniziava già a pensare come poter accedere al suo elettorato per farne incetta, come poi è puntualmente avvenuto.
La pazienza di Michele
Michele Santoro, continuando a fare il suo lavoro, è intanto rimasto il più stabile interlocutore di tutto questo sistema, al quale ha fornito una ribalta di grande efficacia, e come ogni giornalista interessato agli ascolti del suo programma ha continuato a fare la corte a Grillo che però non lo ha mai accontentato con la sua presenza in studio. Il leader del Movimento 5 stelle, del resto, non aveva alcun interesse ad andare in televisione, anzi è stato costretto a modere l’unica mano tesa che dal piccolo schermo si sia mossa amichevolmente verso di lui. Un rapporto sempre più delicato, quindi, e che si è logorato insostenibilmente quando la redazione di Santoro ha messo il naso nelle contraddizioni del movimento pentastellato e ha dato spazio ai problemi di democraticità interna.
Il conduttore di Servizio pubblico è allora diventato oggetto delle intemerate dell’istrionico genovese, finché giovedì sera ha esaurito la pazienza e ha finalmente ricambiato tutte le indelicate attenzioni che Grillo gli ha dedicato.
«Casaleggio utilizza la rete come quei politici che una volta usavano la TV con l’obiettivo di criminalizzare le trasmissioni che non gli stavano bene», così ha detto Santoro sapendo che non c’è peggior offesa per i pentastellati che dargli del “normale”.
Il manette network è ufficialmente sciolto.