I sindacati se ne facciano ragione. Questa volta anche i numeri dell’Inps danno ragione alle ricette di Matteo Renzi sul mercato di lavoro. E c’è poco da fare quando sono i numeri a parlare: il saldo tra attivazioni e cessazioni complessive nell’anno risulta positivo per 319.873 unità, grazie soprattutto alla volata dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato (+203.151) grazie agli sgravi contributivi sulle assunzioni stabili fatte nel 2015 e dall’entrata in vigore a marzo del Jobs Act.
L’EVIDENZA
Quello appena descritto è il quadro in cui ancora una volta i principali leader sindacali hanno fatto a gara per sminuire l’azione intrapresa dal Governo e dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel corso degli ultimi mesi. Negare la matematica è difficile, se non impossibile, invece anche ieri Susanna Camusso e compagnia (non tutti per fortuna) hanno provato ad arrampicarsi sugli specchi. La Cgil ha paralto di “regalo alle imprese” con lo sgravio contributivo per tutte le assunzioni stabili e non selettivo per la nuova occupazione. La Uil, invece, ha sottolineato che per poter uscire dalla crisi “occorre far ripartire gli investimenti”. La Cisl, però, giudica positivamente i dati e chiede di confermare l’incentivo per il 2016. Insomma qualcuno che analizza i dati c’è ancora per fortuna. E, come per altre riforme a cui si sta lavorando, vale il principio che sicuramente il Jobs Act non sarà il meglio possibile, ma sempre meglio ch restare nell’immobilismo che ha pervaso l’Italia negli ultimi anni. Qualcosa, innegabilmente, si sta muovendo.
QUESTIONE DI NUMERI
I nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato, da gennaio a marzo 2015, sono stati 470.784, 91.277 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+24,1%). A questi possiamo aggiungere la trasformazione dei rapporti a tempo in indeterminati, così si supererebbe quota 619.000. Sottraendo le cessazioni, infine, il saldo positivo di rapporti fissi di lavoro sarebbe di 203.151. In questi numeri sono compresi i lavoratori subordinati, non quelli domestici, pubblici e gli operai agricoli. Non vi è contraddizione con i dati Istat di marzo, che parlavano di 70 mila occupati in meno, perché i dati raccolti dall’Istituto di statistica sono a campione e riguardano tutto l’universo del lavoro, ompreso quello autonomo e irregolare. I dati Inps fanno riferimento alle assunzioni e cessazioni dei rapporti di lavoro subordinato.