Sulla vendita dei tralicci di Fs a Terna è il caso più totale. E un documento denuncia: si rischia il salasso in bolletta

di Stefano Sansonetti

L’operazione è nata male. Ma con il passare dei mesi si sta evolvendo sempre peggio. Pare proprio che non ci sia pace per i 9.300 chilometri di rete elettrica di Ferrovie dello Stato che Terna, secondo quanto stabilito dall’ultima legge di Stabilità, dovrebbe acquistare. Operazione con la quale la società ferroviaria di Michele Mario Elia, in questo supportata dal Governo, vorrebbe mettere in cassa circa 1 miliardo di euro per rafforzare il bilancio in vista della quotazione. Peccato che per Terna, guidata dall’Ad Matteo Del Fante, la cifra sia a dir poco esagerata. L’ultima novità in ordine di tempo, all’interno di quella che si profila come l’ennesima guerra di lobby, è che nel dibattito è piombato un documento che mette per iscritto il vero rischio di tutta l’operazione. E cioè che i suoi oneri possano scaricarsi in bolletta ed essere pagati dagli italiani.

IL DETTAGLIO
Il documento in questione (un “position paper”) è stato presentato poco tempo fa dall’Aiget, l’associazione che rappresenta i grossisti di energia e i trader. Che poi si tratta di società che fanno capo a tutti i più grossi gruppi energetici, soprattutto esteri (Statoil, Axpo, E.On, Edison, Gdf Suez, British Petroleum e le italiane Gala, Illumia, Iren e via dicendo). Ebbene, nell’analizzare le prospettive di riduzione degli oneri in bolletta Aiget sostiene che sarebbero necessarie alcune mosse. Per esempio “acquisendo in Terna solo la rete di Rfi (Rete ferroviaria italiana) che conviene al sistema” e “per il suo valore residuo netto”. E qui, in poche parole, si mette il dito in una piaga di non poco conto. Non è infatti una novità che in Terna sia opinione diffusa che una discreta parte dei 9.300 chilometri di rete elettrica di Fs versino in condizioni pietose e non valgano certo quel miliardo di euro atteso dalla società di Elia. Ma l’Aiget, nel suo documento, ne ha anche direttamente per Terna, nel passaggio in cui dice che gli stessi oneri in bolletta potrebbero essere ridotti “eliminando progetti di rete di dubbia utilità come l’interconnessione con il Montenegro”. Si dà il caso che quest’ultimo sia proprio un progetto di collegamento elettrico da 415 chilometri e mille Mw a cui Terna sta lavorando da tempo. Il tutto per un investimento complessivo da 760 milioni di euro. Insomma, l’Aiget presenta un bel conto finale. Che poi anche l’associazione ha i suoi interessi. Basti pensare a chi si muove dietro l’Aiget. Il presidente è Michele Governatori, responsabile affari istituzionali degli svizzeri di Axpo. Mentre vicepresidenti sono Carlo Bagnasco, direttore generale di Energetic Source (del gruppo russo Renova), Roberto Aquilini, responsabile affari istituzionali dei francesi di Gdf Suez, e Massimo Bello, amministratore delegato di Illumia. Ma che l’operazione Fs-Terna sia a dir poco ingolfata è dimostrato anche dal fatto che la definizione del prezzo della vendita è destinato a subire un ulteriore slittamento. A darne la conferma, due giorni fa, è stato proprio l’Ad di Terna, Del Fante, il quale ha fatto capire che si andrà sicuramente oltre la fine di aprile: “Da quello che ci risulta ci vuole qualche settimana in più, auspicabilmente entro l’estate o a cavallo dell’estate”.

IL SIGNIFICATO
Frase apparentemente innocua, ma in realtà spia dei profondi imbarazzi che si stanno vivendo. A stabilire il valore dei 9.300 chilometri di rete elettrica di Fs, infatti, dovrà essere l’Authority per l’energia presieduta da Guido Bortoni. La stessa Authority, con una delibera del 22 gennaio scorso, aveva fissato al 31 marzo 2015 il termine entro cui fornire il fatidico responso. Dopodiché la stessa struttura di Bortoni aveva annunciato un rinvio a fine aprile. Adesso Del Fante ha spostato la data a un imprecisato momento prima dell’estate. La realtà è che decidere il prezzo di acquisto è quanto mai rischioso. Terna, che però ha sempre smentito l’indiscrezione, non valuterebbe l’asset più di 500 milioni, contro il miliardo atteso da Fs. Una distanza siderale. Tra l’altro la società di Del Fante è quotata in borsa e deve essere in grado di difendere per filo e per segno davanti ai suoi investitori la cifra che sborserà per acquistare l’asset. In tutto questo la patata bollente è in mano a Bortoni. Ma tutte e tre le parti in causa sono finite nel pantano dell’ennesimo pasticcio all’italiana.

Twitter: @SSansonetti