Rifiuti, quel buco nero degli appalti. Lo Stato adesso si sveglia e vuole riprendersi il tesoro dei Cerroni d’Italia

Un piatto di appalti così ricco da far gola a molti. Quando girano così tanti soldi, però, il rischio di opacità e sprechi, per usare un eufemismo, tende a superare il livello di guarda. Il settore è quello delle commesse pubbliche relative alla raccolta dei rifiuti, a dir poco sensibile. In base a dati in possesso del ministero del Tesoro in ballo ci sono 7 miliardi di euro l’anno. Cifra che ancora oggi non è gestita “da manuale”. A esserne convinta è la Consip, la centrale acquisti di via XX Settembre che cura l’approvvigionamento di beni e servizi per le pubbliche amministrazioni. Ebbene, sembra proprio che la società, guidata dall’amministratore delegato Domenico Casalino, abbia preso di mira le interminabili proroghe e l’eccessivo coinvolgimento delle partecipate degli enti locali proprio all’interno del caleidoscopico mondo degli appalti per i rifiuti.

IL DETTAGLIO
Per questo la società sta cercando di “sponsorizzare” l’esperimento in corso da qualche mese con alcuni comuni in provincia di Bari (Gravina di Puglia, Santeramo in Colle, Grumo Appula, Toritto, Poggiorsini, Altamura e Cassano delle Murge). Questi enti locali si sono infatti affidati alla Consip per l’organizzazione dell’appalto relativo al “servizio di raccolta dei rifiuti, raccolta differenziata, trasporto, igiene urbana e servizi complementari”. Per quanto il territorio non sia così esteso, la commessa vale 114 milioni in sette anni. E ha già scatenato l’appetito di ben 9 raggruppamenti temporanei di impresa, rappresentativi di 18 aziende (Camassambiente spa, IGM Rifiuti industriali srl, Tra.de.co srl, Dusty srl, Ditta Colombo Biagio srl, Ciclat Trasporti Ambiente Soc. Coop, Monteco srl, Ambiente 2.0 soc. consortile a resp. limitata, Navita srl, Direnzo srl, Impresa Sangalli Giancarlo & C. Srl, Avr spa, Teknoservice srl, Azienda Servizi Vari spa, Raccolio srl, Linea Gestioni srl, Tekra srl, Avvenire srl). Tutte hanno fatto pervenire la loro candidatura per la gestione dell’appalto. Naturalmente la Consip spera di poter esportare il modello e convincere altre amministrazioni ad affidarsi alla sua intermediazione. La stessa società del Tesoro ricorda che “la spesa pubblica annua del settore rifiuti è pari a 7 miliardi di euro l’anno e la particolare complessità relative a questi servizi porta alla proroga della gran parte dei contratti vigenti”. Una prassi che, “accanto all’affidamento alle municipalizzate, è il motivo delle poche gare nel settore”.

GLI SVILUPPI
Insomma, la Consip sembra indicare quelle che a suo dire sono le “patologie” di un sistema di appalti sui rifiuti che potrebbero essere gestiti in modo più virtuoso. L’alta partecipazione delle società viene considerata un segno di come il settore potrebbe essere aperto “a una competizione qualificata”. Questa cooperazione, conclude la società del Tesoro, “è replicabile e altri enti stanno oggi valutando lo sviluppo del proprio progetto territoriale nel settore, avvalendosi di Consip per la gestione della gara”. Del resto lo stesso ministero del Tesoro, guidato da Pier Carlo Padoan, sembra convinto dell’utilità di estendere la quantità di appalti pubblici intermediati dalla Consip, che oggi mette mano su 40 dei 130 miliardi complessivamente spesi dalla pubblica amministrazione. Chissà come reagiranno quelle municipalizzate che ogni governo dice di voler razionalizzare ma che nessuno è riuscito finora a sfiorare.

I furbetti della monnezza. Così si bruciano 7 miliardi

Il business degli appalti pubblici nel settore della raccolta dei rifiuti vale un sacco di soldi. Parliamo di sette miliardi di euro, almeno secondo la stima offerta dalla Consip, la centrale acquisti del ministero dell’economia che cura l’approvvigionamento di beni e serviuzi per la pubblica amministrazione. Il fatto è che questi soldi, si deduce dalle ultime operazioni della società, sono spesi male, perché dipendono ancora in gran parte da contratti vecchi (risultato di numerose proroghe) e dalla gestione delle solire municipalizzate. Per questo, supportata anche dal Governo, la società del Tesoro sta cercando di convincere il più possibile i comuni e gli enti locali ad affidarsi alla sua intermdiazione per l’organizzazione delle gare.

IL PUNTO
Con più concorrenza, sostiene la società, quella spesa di 7 miliardi l’anno potrebbe essere razionalizzata. E non è l’unico settore su cui la società mira a estendere le sue competenze. Oggi la Consip presidia solo una parte dei 130 miliardi che ogni anno vengono spesi in tal senso. Al momento di tratta di circa 40 miliardi, riferiti alla fornitura di alcune grandi categorie merceologiche (energia, telefonia, buoni pasto, informatica, servizi agli immobili pubblici, auto). Sul piatto, come raccontato da La Notizia del 14 ottobre del 2014, rimangono in primis 44 miliardi di cosiddette prestazioni sociali in natura (in pratica spese in convenzione con il Servizio sanitario nazionale), che hanno diverse logiche di fornitura e non rientrano nel perimetro Consip. Poi però ci sono 46 miliardi sui quali l’intervento della centrale del Tesoro, o di altre centrali regionali, potrebbe essere incisivo. Quali sono i settori?

I SETTORI
Oltre alla raccolta dei rifiuti, solo lambita dalla Consip (vedi articolo nella pagina a fianco), c’è il settore dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri. Anche qui la Consip è intervenuta organizzando una gara singola per l’Abruzzo (45,8 milioni in 7 anni). Ma è chiaro che su scala nazionale i valori sono destinati ad aumentare vertiginosamente. Ancora, un sacco di soldi se ne vanno in appalti destinati a reclutare imprese che supportino le amministrazioni nella gestione dei programmi di sviluppo cofinanziati da fondi Ue. E poi è appena il caso di ricordare che non tutte le amministrazioni sono obbligate a ricorrere alle convenzioni Consip. Le società pubbliche, per esempio, sono tenute a passare per la centrale del Tesoro solo se rientrano nel conto dell’Istat. Ne sono fuori, per fare pochi esempi, Rai, Poste e Ferrovie. Certo, si tratta di società che operano sul mercato aperto. Ma almeno potrebbero ispirarsi ai parametri Consip. Insomma, in attesa che il governo semplifichi la giungla delle stazioni appaltanti, passando dagli attuali 32 mila soggetti a non più di 35 centrali acquisto, rimangono settori in cui “appalti pazzi” portano a sprecare una quantità incredibile di risorse.

@SSansonetti