di Stefano Sansonetti
Gli esegeti della norma sono molto pignoli. In effetti quello andato in porto sotto il governo di Matteo Renzi, ma inseguito anche dall’esecutivo precedente, non può essere definito sic et simpliciter scudo fiscale. Perché chi intende regolarizzare e magari far rientrare i capitali finora detenuti all’estero, sarà costretto a pagare tutte le tasse. E potrà invece sfruttare “interessanti” sconti sulle sanzioni. Questo è il cuore della cosiddetta voluntary disclosure, che gli operatori si azzardano al massimo a definire “pacificazione fiscale”. Gli stessi operatori che, proprio in queste settimane, stanno andando a caccia di potenziali clienti da condurre per mano nella selva oscura della normativa.
IL DETTAGLIO
A tal proposito, in tempi recenti, è spuntata un’accoppiata curiosa. A quanto pare è andata in scena una sorta di collaborazione tra lo studio Tremonti Vitali Romagnoli Piccardi e Associati, guidato dall’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, e la Banca del Fucino, istituto che oggi è in mano alla quarta generazione dei principi Torlonia. A partire da febbraio le parti hanno organizzato a beneficio di commercialisti, fiscalisti e professionisti un paio di convegni, l’ultimo dei quali due giorni fa a Roma, dedicati proprio alla voluntary disclosure. All’ex ministro dell’economia, del resto, le competenze in materia non mancano, visti gli scudi fiscali approntati nelle varie fasi in cui è stato al vertice del dicastero di via XX Settembre. Naturalmente la “pacificazione fiscale” interessa non solo ai detentori di capitali all’estero (si calcola che in totale ce ne siano ancora tra i 150 e i 200 miliardi di euro), ma anche a tutto quel corredo di banche, finanziarie, fiduciarie e studi legali senza la cui consulenza i clienti non saprebbero che pesci prendere. Consulenze che, ça va sans dire, vengono lautamente pagate. Ecco perché gli intermediari hanno aperto la caccia al cliente.
IL PUNTO
Insomma, pare che Tremonti e gli eredi Torlonia abbiano stretto una collaborazione per mettere a disposizione le loro competenze. La Banca del Fucino, contattata da La Notizia, ha spiegato che l’istituto “ottiene dallo studio Tremonti un sopporto specialistico” indispensabile per trattare “coi potenziali clienti”. Si tratta di una prima fase, precisa la Banca. Se poi il rapporto con i clienti si dovesse concretizzare, potrebbe seguire un secondo step in cui per tutti i dettagli del caso l’istituto farebbe riferimento allo studio dell’ex ministro. Ma questa seconda fase, si affrettano a precisare dalla Banca del Fucino, “al momento è del tutto ipotetica”. Insomma, è partita “una collaborazione che al momento ha solo uno scopo specialistico e divulgativo”. Lo studio Tremonti, contattato sul punto da La Notizia, non ha fornito alcuna risposta. Di certo sono tanti altri gli intermediari che in questa fase hanno acceso un faro sulle prospettive di business derivanti dalla “pacificazione fiscale”.
Twitter: @SSansonetti