Anticorruzione coi buchi. La direttiva del Tesoro ha già le sue eccezioni. E a salvarsi sono i soliti noti

di Stefano Sansonetti

Magari alla fine la sua applicazione sarà ampia. Anzi, la speranza è che l’esito sia proprio questo, viste le previsioni arrivate dai vertici del ministero dell’economia. Per adesso, però, sembra di rivedere il film già trasmesso sulla famosa questione del tetto di 240 mila euro agli stipendi pubblici. Anche nel caso del direttiva anticorruzione, presentata ieri a via XX Settembre sotto grandi auspici, l’applicazione al momento non pare così estesa come qualcuno magari si aspettava. Chissà, forse è solo questione di tempo. Ma per adesso un dato è certo: se la direttiva avrà attuazione in tempi rapidi per le società controllate dal Tesoro guidato da Pier Carlo Padoan, ci vorrà più tempo per consentirne l’applicazione alle società quotate e a quelle che emettono titoli su mercati regolamentati. Tra le quotate ci sono Eni, Enel e Finmeccanica, oggi guidate dagli Ad Claudio Descalzi, Francesco Starace e Mauro Moretti. Tra quelle che emettono titoli la Cassa Depositi e Prestiti, le Poste e le Ferrovie dello Stato.

LA QUESTIONE
La “momentanea” eccezione è stata confermata ieri a La Notizia dallo stesso Tesoro, che ha spiegato come le varie Eni, Enel e Finmeccanica “stiano partecipando a un tavolo Consob-Mef-Anac che richiederà un po’ di tempo in più per l’applicazione delle disposizioni anticorruzione”. E lo stesso vale per Cdp, Poste e Ferrovie, guidate dagli Ad Giovanni Gorno Tempini, Francesco Caio e Michele Mario Elia. I tempi, per il Mef, non dovrebbero essere un problema. La direttiva sarà pubblicata on line per una consultazione di 15 giorni. E dopo dovrebbe arrivare il testo definitivo. Per le quotate e per le società che emettono titoli, ha avuto modo di chiarire anche il capo di gabinetto di via XX Settembre, Roberto Garofoli, ci vorrà “qualche settimana in più”. Ma i nodi non riguardano solo la tempistica. Il tavolo ad hoc aperto tra Mef, Consob e Anac, infatti, si occuperà anche di definire in quale misura i contenuti della direttiva potranno essere applicati a quelle società che al momento ne sono escluse. Il provvedimento, infatti, contiene una sorta di decalogo che si inserisce nella scia tracciata dalla legge Severino (n. 190/2012). Tra la varie cose si chiede a ogni controllata pubblica la definizione di un piano per prevenire la corruzione, l’individuazione di un dirigente interno come responsabile del piano, la predisposizione di una mappa delle aree aziendali a rischio corruzione, una sistema di protezione per i dipendenti che aiutano a individuare fenomeni corruttivi e la rotazione degli incarichi. E poi c’è tutto un corredo di incompatibilità, a partire da quelle che riguardano chi ha subìto condanne (fondamentalmente per reati contro la pubblica amministrazione).

I BERSAGLI
Di sicuro la morsa della direttiva si stringerà intorno alle controllate dirette del Mef che non sono quotate. Nella lista, tra le tante, ci sono Anas, Invitalia, Enav, Eur Spa, Rai, Poligrafico, Sogei, Consip. Certo, magari qualcuna per il futuro potrà studiare un’emissione di bond. Ma a stare a quanto spiegato ieri dal Mef in ogni caso una direttiva anticorruzione ci sarà anche per quotate ed emittenti titoli. Situazione delicata, se si considera che alcuni manager di queste società hanno vicissitudini giudiziarie, seppur con contestazioni tutte da dimostrare: Gorno Tempini è indagato per una questione derivati relativa a quando lavorava in banca Intesa, Descalzi è indagato per tangenti in Nigeria e Moretti è stato rinviato a giudizio per la strage di ferroviaria di Viareggio. Per ora, però, il canovaccio è quello del tetto di 240 mila euro agli stipendi pubblici. Anche questo non si applica a chi è quotato o a chi emette titoli. La solita eccezione. Per eliminare la quale, nel caso dell’anticorruzione, bisognerà aspettare un po’ di tempo.

Twitter: @SSansonetti