di Stefano Sansonetti
Il necrologio del potere. O forse sarebbe meglio parlare del potere dietro al necrologio. Perché ammesso e non concesso che in Italia i salotti buoni alla Mediobanca siano in ritirata, l’economia relazionale animata dai soliti noti è viva, vegeta e immutabile. A dimostrarlo, se per caso ce ne fosse ancora bisogno, è anche un fatto drammatico come la morte di Guido Ghisolfi, ex titolare del gruppo chimico Mossi Ghisolfi e tra i principali finanziatori di Matteo Renzi. Ebbene, oggi sulle pagine interne del Corriere della Sera, come accade in situazioni simili, c’è un necrologio in cui un lungo elenco di personaggi dell’economia e della politica testimonia la propria tristezza di fronte alla scomparsa di Ghisolfi. Fermo restando il rispetto per il dramma dell’imprenditore, che in base alle comunicazioni ufficiali dell’azienda si è suicidato, dalla lettura dei nomi emerge una rete di relazioni che la dice lunga su come funziona il capitalismo all’italiana. Tra i primi, per esempio, ci sono i nomi di Marco Tronchetti Provera, numero uno di Pirelli, e di Sergio Dompé, dell’omonimo gruppo farmaceutico. Spuntano tutti i componenti della famiglia Gavio (Beniamino, Marcello, Daniela e Raffaella), i re delle autostrade del Nord originari di Tortona, dove ha sede proprio la Mossi Ghisolfi. Ancora, nell’elenco del necrologio compare tutto lo stato maggiore di Intesa Sanpaolo, con Giovanni Bazoli, Gian Maria Gros-Pietro e Carlo Messina. E ci sono i nomi di Emma Marcegaglia, presidente dell’Eni, e del fratello Antonio, a capo dell’omonimo gruppo di famiglia. Ancora, nella lista è inserito Claudio De Vincenti, attualmente viceministro dello Sviluppo economico. E non mancano i manager di aziende del settore chimico (ma anche farmaceutico), proprio quello in cui la Mossi Ghisolfi è riuscita ad affermarsi arrivando a fatturare qualcosa come 3 miliardi di euro l’anno. In questo senso si segnalano Erwin Rauhe (Basf), Mauro Chiassarini (Bayer) e Catia Bastioli (Novamont, ma anche Terna). Ad accompagnare questi nomi i piani alti di Confindustria, dal presidente Giorgio Squinzi al direttore generale Marcella Panucci. Insomma, personaggi con i quali Ghisolfi in vita ha condiviso amicizie, certamente, ma anche rapporti di affari. E nel necrologio ci sono pure firme non di persone fisiche, ma di gruppi e associazioni che riportano ad altri italici “poteri forti”. Spuntano infatti il gruppo Rothschild, i membri del Club Ambrosetti (che organizza ogni anno la sfilata di Cernobbio), gli studi legali Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners e Cleary Gottlieb Steen & Hamilton. Per non parlare del big della consulenza The Boston Consulting Group. Nessuno ha voluto far mancare la sua testimonianza di partecipazione al dolore della famiglia Ghisolfi. Ma il discorso non cambia molto nella sostanza: si tratta di centri di potere che hanno alimentato e di certo alimenteranno in futuro rapporti di collaborazione e di affari con la Mossi Ghisolfi. Una rete alla quale, riprendendo il filo dell’elenco, partecipano anche Diana Bracco (a capo dell’omonimo gruppo chimico-farmaceutico e amministratore delegato di Expo 2015), Enrico Falck (presidente di Falck Renewables che si occupa di energie rinnovabili), Antonella Mansi (ex presidente di Confindustria Toscana e già presidente della Fondazione Mps) e Benito Benedini (ex presidente della federazione dei cavalieri del lavoro e oggi presidente del Gruppo Sole 24 Ore di Confindustria). Perché alla fine, anche nei momenti del dramma, gli interpreti della commedia del potere italiano sono sempre gli stessi.
Twitter: @SSansonetti