Sia chiaro: essere indagati non vuol dire essere colpevoli e fino alla sentenza definitiva un politico è innocente esattamente come qualunque altro cittadino. Detto questo, però, è d’obbligo una riflessione sull’ennesimo schiaffo del Palazzo alla richiesta di pulizia che emerge sempre più rassegnatamente dal Paese. Le Regioni in questi giorni hanno quasi completato l’elenco dei propri rappresentanti che avranno il ruolo di grandi elettori del Capo dello Stato. Una sessantina di delegati tra i quali abbondano i consiglieri indagati e imputati. Questi signori, in molti casi nomi di un certo rilievo sulla scena politica nazionale, non hanno avuto la sensibilità di lasciar posto ad altri. E le Regioni, tra tante possibilità, hanno voluto spedire ad eleggere il Presidente della Repubblica proprio i consiglieri più discussi. Con la scusa della prassi (che non è l’ordine del medico) di indicare i capi di giunte e assemblee, si è rinunciato a un po’ di buon senso e di coerenza con le promesse di una nuova etica nella cosa pubblica. A parole, tutti bravi a condannare il rammollimento della tensione morale. Nei fatti, tutti con la faccia di bronzo. Come prima, più di prima.