Oggi, dieci dicembre, non è solo la giornata internazionale dei diritti umani. O, meglio, è la giornata internazionale dei diritti umani anche e soprattutto per un’altra importante ricorrenza. Esattamente trent’anni fa veniva adottata dall’Onu la “convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti”. Un importante passo in avanti. Ma non per l’Italia. Dispiace infatti constatare che esattamente a 30 anni dalla convenzione, l’Italia ancora non disponga nel codice penale del reato di tortura. Un incredibile falla nel sistema normativo del Belpaese. Soprattutto se si tiene conto che siamo stati anche tra i primi a ratificare la convenzione stessa, nel 1988. Non siamo riusciti, dunque, nel giro di 30 anni dalla convenzione e di 26 dalla ratifica a inserire il reato. Giusto per capire: l’articolo 2 della convenzione recita espressamente che “Ogni Stato Parte adotta misure legislative, amministrative, giudiziarie ed altre misure efficaci per impedire che atti di tortura siano commessi in qualsiasi territorio sottoposto alla sua giurisdizione”. Cosa che, come detto, in Italia non è stata fatta.
DAI CUCCHI ALLA DIAZ: UN PAESE VIOLENTO
Si dirà: allora forse in Italia non ci sono casi che spingano all’introduzione del reato. Falso. Gli episodi sono pressochè sterminati. Basti pensare alle violenza (pardon: torture) nella scuola Diaz al G8 di Genova. Torture riconosciute anche dai magistrati. Peccato però che nessuno abbia pagato. Proprio perché non c’era un reato da perseguire. E che dire, ancora, dei casi Cucchi, Aldovrandi, Bianzino, Uva e via dicendo? Ovvero, dei tanti pestati fino alla morte nelle carceri italiane? Parliamo di torture. Per le quali, però, nessuno ha mai risposto. Finita qui? Certo che no. Pensiamo, ancora, agli Ospedali Psichiatrici, definiti non a caso da Amnesty International “luoghi di tortura” e che chiuderanno finalmente a marzo prossimo dopo incredibili ritardi (dovevano chiudere nel 2012). I casi, insomma, sono innumerevoli. Alcuni anche meno conosciuti. Come il caso di Dimitri Alberti, che nel 2010 fu arrestato dai carabinieri in provincia di Verona e che quando arrivò in carcere aveva tre costole fratturate e lesioni ai testicoli. A giugno scorso la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il nostro Paese a risarcirlo proprio per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano e degradante.
LO STATO ATTUALE
Assodato, dunque, che in realtà l’Italia avrebbe – eccome – bisogno di tale reato nel suo codice penale, arriviamo al tasto dolens. Cosa è stato fatto in questi 30 anni? LaNotizia è andata a rispolverare tutta l’attività parlamentare passata. Dal 2001 ad oggi sono stati presentati, in totale, ben 54 proposte di legge per l’introduzione del reato di tortura. Nessuna però ha mai visto la luce. Tutte bloccate, rallentate, morte. La speranza, ora, è che sia questa legislatura a giungere a qualcosa di più concreto. Il disegno di legge c’è e, peraltro, è stato anche approvato al Senato il 5 marzo 2014. Ma ora è fermo da allora alla Camera. Basti questo: la commissione giustizia, nel giro di 10 mesi, si è riunita in merito due volte soltanto (una volta a maggio e una a novembre). Senza giungere a nulla di concreto, ovviamente. Non solo: rispetto alla prima versione, al testo licenziato dal Senato è stata pure eliminata la parte che prevedeva l’istituzione di un fondo nazionale per le vittime della tortura. Più comodo dire che in Italia la tortura non esiste. Diceva Isaac Asimov: “La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”. Sillogismo vuole che la conclusione sia riconoscere che siamo un popolo di violenti. E incapaci.