Le Scuole dei boiardi resistono. Soppressioni a passo di lumaca, mentre i super stipendi corrono veloci

di Stefano Sansonetti

Il decreto Madia sulla pubblica amministrazione, tra i più reclamati dall’avvento del governo di Matteo Renzi, parlava chiaro. Tutte le scuole di formazione dei vari ministeri, trasformatesi nel corso degli anni in autentici poltronifici e stipendifici per insaziabili boiardi di stato, devono essere soppresse e aggregate alla Sna, la Scuola nazionale dell’amministrazione dipendente dalla presidenza del consiglio. Il decreto in questione (90/2014) è stato pubblicato in Gazzetta il 24 giugno scorso, mentre la legge di conversione è entrata in vigore il 19 agosto. Ebbene, cosa è successo nel frattempo? Qualcosa si è messo in moto, ma la realtà è che i piatti forti della riorganizzazione ancora mancano.

I BUCHI
Innanzitutto non è ancora stato adottato il decreto del presidente del consiglio che dovrebbe individuare le risorse finanziarie e strumentali per mandare a regime la nuova Sna. Manca un altro decreto del presidente del consiglio per rideterminare il trattamento economico dei professori della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, in fase di soppressione, che si trasferiranno alla Sna. Infine ancora non c’è traccia del provvedimento con cui la medesima Sna dovrebbe adeguare il suo ordinamento in vista dell’assorbimento delle altre scuole da sopprimere. Per carità, per quest’ultimo provvedimento il decreto Madia dà 120 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (appunto lo scorso 19 agosto). Ma è evidente che il grosso deve ancora essere fatto. Il presidente della Sna, Giovanni Tria, contattato da La Notizia ha spiegato che “i Dpcm sono in fase di definizione e verranno emanati a breve, così come la delibera organizzativa della Sna”. Nel frattempo, però, carrozzoni come la Ssef (Scuola superiore dell’economia e delle finanze) e la Ssai (Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno), rispettivamente dipendenti dal ministero dell’economia e dell’interno, continuano a funzionare, seppur sulla base di accordi di transizione stipulati con la stessa Sna. Così come sono funzionanti i loro siti internet, che continuano a pubblicizzare i corsi. E lo stesso può dirsi più o meno per le altre strutture che il decreto vorrebbe sopprimere e inglobare nella Sna: il Centro di formazione della difesa, l’Istituto diplomatico “Mario Toscano”,e la Scuola superiore di statistica.

I NUMERI
Senza contare che rimangono per ora inalterate le liste dei docenti. Nel sito della Ssef continua campeggiare, tra gli altri, il nome di Vincenzo Fortunato, ex capo di gabinetto di Giulio Tremonti, che ancora ad aprile 2013 prendeva dalla Ssef 303 mila euro, la stessa cifra incassata in quel periodo dall’altro docente ed ex boiardo di via XX Settembre Marco Pinto. Ora i loro stipendi, che nel frattempo sono già scesi, dovranno essere resi omogenei ai quelli dei docenti della Sna. Ma ci vuole il suddetto Dpcm. Che poi alla stessa Sna non è che manchino professori, anzi: attualmente sono 18 a tempo pieno e 55 temporanei. Il presidente, Tria, tra stipendio erogato dall’università di appartenenza (87.671 euro) e indennità di presidente della Scuola (129.600) mette insieme 217.271 euro. Tra i docenti troviamo Alberto Heimler, proveniente dalla direzione centrale dell’Antitrust, accreditato di uno stipendio da 314 mila euro per un incarico fino alla fine di dicembre 2014. Poi ci sono Renzo Turatto (100 mila euro) e Leonello Tronti (84.700 euro), rispettivamente ex capo della segreteria tecnica ed ex consigliere economico dell’allora ministro Renato Brunetta. Per non parlare dei docenti temporanei, anche loro molto spesso professionisti che fanno altre cose e cumulano allegramente compensi. Nell’elenco, per esempio, c’è l’ex ministro degli affari regionali, ex senatore ed ex deputato Enrico La Loggia, che dal primo luglio 2013 al 30 giugno 2014 ha svolto un incarico retribuito con 40 mila euro. E se ne aggiungeranno altri 30 mila per un rinnovo annuale. Ancora, 30 mila euro vanno a Luca Antonini, professore universitario, ex consigliere di Tremonti e presidente della Commissione sul federalismo fiscale. Insomma, la razionalizzazione ci sarà. Ma la cuccagna continua.

Twitter: @SSansonetti