di Gaetano Pedullà
Ieri è naufragato ignominiosamente il governo tecnico. Oggi toccherà al tentativo di governo Bersani. Il voto si avvicina. E a questo punto speriamo che ci si arrivi presto, perchè ogni perdita di tempo non fa che peggiorare la crisi di un Paese che viaggia al minimo. Il minimo di credibilità internazionale, il minimo di benessere, il minimo di prospettive sul futuro.
Ma andiamo per ordine. Le dimissioni del ministro Terzi hanno mostrato due cose. La prima è che l’esecutivo Monti sotto l’aspetto tecnico ha espresso veramente poco. Per mettere un mare di tasse non c’era certo bisogno di geni. La seconda è che per gestire le grandi questioni, più che di codici e azzeccagarbugli, serve la politica. Una politica alta e poggiata su basi forti. Quello che manca, qualunque alchimia possa inventarsi il segretario del Pd. Dai tecnici, d’altronde, abbiamo avuto solo silenzi. Silenzi sulle profonde divergenze nello stesso governo Monti. Silenzi su chi ha ordinato alla nostra nave con i militari Latorre e Girone di entrare nelle acque territoriali indiane. Silenzi su chi ha ordinato di consegnare i due fucilieri alle autorità indiane. Silenzi sul presumibile peso nella vicenda di alcuni grandi interessi economici, come la commessa di elicotteri Finmeccanica. Silenzi su eventuali pagamenti da parte del governo italiano alle famiglie dei pescatori scambiati per terroristi e uccisi. Intanto oggi Bersani entra nel vivo della sua esplorazione. Dopo una serie di audizioni servite solo a prendere tempo (come se le parti sociali votassero in parlamento) adesso è il momento del ritorno alla realtà. L’unico modo per entrare a Palazzo Chigi è fare l’accordone con il Pdl. Roba troppo indigesta alla base Pd. Il voto è dietro l’angolo.