di Matteo Vale
Francesco Storace, con l’aplomb che lo caratterizza, dice senza mezzi termini che delle primarie del centrodestra per la scelta del sindaco “non me ne frega niente”. Il tagliare corto di colui che dovrebbe essere tra i principali alleati del Pdl nella corsa alla riconferma di Alemanno al Campidoglio, però, non può archiviare una questione che ha creato più di un mal di pancia. A partire proprio da La Destra. Fabrizio Santori, esponente di punta del partito a Roma e candidato in pectore alle primarie, è stato infatti tra i primi a biasimare la scelta, presa agli inizi di marzo, di non dare seguito a quella competizione che lo stesso sindaco uscente aveva ripetutamente invocato: “Evidentemente – fa notare Santori – ci manca ancora la cultura delle primarie”.
La versione del Pdl
La versione ufficiale del Pdl si rifà alla mancanza di tempo e, soprattutto, alla mancanza di un competitor che sfidi Alemanno. Ma se così fosse, perché Giorgia Meloni si affrettava a sottolineare su Twitter che il naufragio delle primarie del Pdl era come una “scena già vista”? Il riferimento sarcastico è naturalmente alla mancate primarie del centrodestra a livello nazionale, che a onor del vero hanno effettivamente seguito lo stesso percorso di quelle romane: tutti le vogliono, tutti le cercano, ma alla fine non si fanno.
In realtà, i candidati per la sfida ad Alemanno non mancavano: c’era lo stesso Santori, c’era Mauro Cutrufo, e il nome di Giorgia Meloni non era mai tramontato.
Ingolfati dal girare a pieno ritmo della macchina delle primarie del centrosinistra, con annesse polemiche su metodi di coinvolgimento ed esclusione, i giornali hanno relegato i mal di pancia del centrodestra allo spazio di qualche dichiarazione. Il sindaco di Roma Capitale, Gianni Alemanno, eviterà la “disputa interna” anche con il consigliere municipale del X, Alessandro Bianchini, che fu il primo a sfidare il primo cittadino alle primarie. Primarie che, a quanto pare, non si svolgeranno più.
Le speranze di Alemanno
Eppure il problema è di quelli che potrebbero far pendere l’ago della bilancia a favore o a sfavore del sindaco uscente, nel confronto con quello che sarà il candidato del Pd e, spauracchio di tutti, il Marcello De Vito dei 5stelle. Ne ‘La Destra’, dunque ha ragione Santori o Storace? Il partito appoggerà convinto Alemanno o si turerà il naso, con inevitabili effetti sulla campagna elettorale? Stesso discorso vale per i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e, in parte, per la frangia dei dissidenti del Pdl, come Antonello Aurigemma.
Sull’orlo della scissione
La spaccatura silenziosa nel centrodestra è destinata comunque a deflagrare. Resta solo da capire quando. Prima o dopo le elezioni per il Campidoglio? I bene informati fanno notare che sicuramente la strategia di tenere buoni gli animi fino al 26 e 27 maggio ha il vantaggio di favorire, nel caso di una sconfitta per Alemanno, un redde rationem che nel centrodestra gioverebbe alle fazioni minoritarie, come i ‘gabbiani’ di Fabio Rampelli o i dissidenti di Laboratorio Roma che fanno capo ad Aurigemma.
Partito in crisi
E’ per questo che al momento nessuno si è preso la briga di criticare con convinzione la scelta del Pdl di annullare le primarie.
Ed è sempre lo stesso motivo, si presume, a spingere gli esponenti delle diverse anime del Pdl a non farsi trovare al telefono.
Allo stesso tempo è innegabile il rischio che eventuali competizioni per la scelta del candidato sindaco di Roma si trasformino in una farsa, con Alemanno pronto a stracciare i potenziali competitor che finora si sono fatti avanti. L’unico nome che avrebbe potuto insidiare realmente l’attuale primo cittadino è quello di Giorgia Meloni.
Evidentemente, però, i risultati delle elezioni politiche per Fratelli d’Italia non devono avere incoraggiato una scelta simile.
Ancora una volta meglio aspettare il verdetto elettorale, prima di scatenare l’inferno o presentare ad Alemanno il conto del ‘silenzio’.