di Monica Setta
Se Giorgio Napolitano volesse davvero risolvere l’impasse in cui versa la politica italiana, dovrebbe chiamare i giovani, fare un governo Pd-Pdl dando l’incarico a Matteo Renzi. Se Bersani vuole passare alla storia come uno statista e non solo come un politico, deve guardare al domani e ritirarsi lasciando il posto al sindaco di Firenze”. Michele Perini ė il presidente della Fiera di Milano e il suo tono perentorio nella proposta che lancia al presidente della Repubblica dalle pagine de La Notizia stupisce perchè fino a ieri lui è stato fra gli industriali più vicini a Silvio Berlusconi. Nessun tradimento, precisa Perini, solo una soluzione possibile in un momento di crisi politica e soprattutto economica che rischia di far saltare a partire dai prossimi giorni ben1500 aziende al giorno.
Domanda. Emergenza piena, dunque, presidente. Finora anche i sindacati hanno stimato la chiusura di un migliaio di imprese al giorno. Lei addirittura si spinge a dare una cifra:1500. Su quale base sostiene che la situazione si sta aggravando in modo tanto clamoroso?
Risposta. “Guardo in anticipo i dati delle prossime trimestrali delle aziende piccole e medie e posso annunciare che per il capitalismo italiano delle famiglie sarà la fine, quasi come Forte Apache. I numeri sono peggiorati e anche le imprese che hanno ordini non hanno la finanza, i flussi di cassa che consentirebbero loro di proseguire nella produzione. Siamo in un momento delicatissimo, se non si dovesse riuscire a fare presto il governo, per l’economia italiana delle medie aziende sarebbe il disastro”.
D. È per questo che lei non ha fiducia nel tentativo che Napolitano sta facendo con il mandato assegnato ieri a Pierluigi Bersani? Era meglio, come sostengono alcuni suoi colleghi illustri, a partire dall’ex presidente della Confindustria Giorgio Fossa, affidare l’incarico a una personalità come il presidente del Senato Piero Grasso?
R. ”Io credo che non sia sufficiente dare l’incarico a chi ha vinto le elezioni, bisogna cercare di risolvere la situazione individuando una personalità gradita a tutti con larghissimo consenso sociale e politico come futuro premier. Lo vuole proprio sapere che cosa farei io che sono un imprenditore piccolo del nord? Farei come è stato fatto nel Conclave, fossi in Napolitano riunirei i giovani del Pd e del Pdl in una stanza e affiderei alle nuove generazioni la responsabilità di uscire dalla crisi. Come premier poi l’unico che incontra il consenso quasi di tutti è Matteo Renzi. Se Bersani fosse un uomo concreto che avesse realmente a cuore il futuro del paese dovrebbe fare una cosa sola: dimettersi, tornare a casa e lasciare al sindaco di Firenze il campo libero”.
D. Ma lei non era uno degli amici più cari e di vecchia data del leader Pdl Silvio Berlusconi?
R. “Resto ancora convinto che Berlusconi sia capace di attirare interesse, ha condotto una magnifica campagna elettorale, in alcune fasce di elettorato è tuttora popolarissimo. Ma anche lui è a conoscenza del fatto che ci vuole un giovane per guidare la politica. Fra i suoi delfini oltre ad Angelino Alfano, c’è Maurizio Lupi che è molto capace e stimato. Propongo che sia Renzi a fare il premier perchè parliamo di un governo di larghe intese e sul suo nome si potrebbe coagulare un consenso trasversale. Mi chiedo perchè l’America si affida ad un giovane presidente come Barack Obama mentre noi dobbiamo sempre e soltanto avere a che fare con i vecchi politici?”.
D. Soddisfatto per l’annuncio di Monti sullo sblocco dei crediti che le aziende vantano attualmente dalla Pubblica amministrazione?
R. ”Certamente, ma le ricordo che siamo ancora all’enunciazione delle buone intenzioni, non di più. Ora la palla passa al Parlamento. Apprezzabile l’annuncio, però le aziende adesso hanno bisogno di certezze non solo di parole. I primi cento giorni del nuovo governo saranno decisivi per far ripartire l’economia. È necessario mettere mano immediatamente al Cuneo fiscale riducendo gli oneri a carico delle aziende e detassando quelle imprese che assumono giovani e donne. La mia proposta anche qui è molto semplice. Oggi un lavoratore che prende in busta paga 1000 euro costa alle aziende 3200. Domani tagliando mille euro di costi alle imprese si potrà aumentare del 20 per cento la retribuzione netta del lavoratore con vantaggi evidenti per l’economia italiana. Il rigore da solo, come abbiamo visto, non basta anzi produce danni”.