di Stefano Sansonetti
La vicenda del maxistipendio di Raffaele Bonanni (336 mila euro) è ancora viva. Così come, all’interno della Cisl, continua ad aleggiare il mistero su quali siano i reali motivi che hanno portato all’uscita dell’ex segretario generale, recentemente sostituito con Annamaria Furlan. Adesso ci si mette pure uno scricchiolio non indifferente in riferimento allo sciopero del pubblico impiego proclamato dalla Cisl per dopodomani (1° dicembre). Si dà infatti il caso che il mondo dei patronati del sindacato di via Po, ovvero tutta quella capillare rete di strutture di assistenza e consulenza ai lavoratori, abbia deciso di defilarsi dall’astensione, formalmente per ragioni giuridiche. Con una nota interna del 26 novembre scorso, firmata dal responsabile risorse umane Gaetano Grasso, l’Inas Cisl (l’istituto che rappresenta appunto i patronati) è stato sin troppo chiaro. “In riscontro alle segnalazioni che stanno pervenendo in merito allo sciopero generale indetto per il pubblico impego”, scrive l’Inas a tutti i responsabili regionali e territoriali, “comunichiamo che purtroppo non è per noi possibile accogliere le sollecitazioni che stiamo ricevendo”.
IL QUADRO. Nel motivare la decisione l’Inas spiega che “il nostro istituto è identificato dalla legge quale persona giuridica di diritto privato, che svolge un servizio di pubblica utilità”. E “non può sfuggire che una simultanea chiusura delle sedi Inas comporterebbe gravissimi effetti in termini di funzionalità organizzativa, con la conseguenza che non potrebbe essere assicurata l’erogazione dei servizi minimi al cittadino”, con possibile violazione della legge. E poi la conclusione della nota: “In un contesto storico/politico come quello attuale, che vede molti portatori di interessi protesi alla cancellazione del sistema patronato, anche il rischio di far saltare un singolo diritto del cittadino deve in ogni modo essere scongiurato”. All’interno del mondo Inas-Cisl, come emerge dal sito internet, lavorano 435 consulenti medico-legali, più di 1.100 operatori in Italia e 130 all’estero. Ora, la decisione di non aderire allo sciopero generale del pubblico impiego può essere considerato uno strappo all’interno del sindacato di via Po? L’Inas, contattato da La Notizia, fa sapere che lo spirito dell’astensione è condiviso, ma non è possibile aderirvi per ragioni giuridiche, data la natura di soggetto di diritto privato.
LA PARTITA. In realtà l’Istituto sembrerebbe voler sfruttare la questione della sua natura per giocarsi alcune partite personali. Innanzitutto, in questo momento, c’è interesse totale a dimostrare che i patronati sono efficienti. Immagine che potrebbe essere un bel po’ macchiata dalla partecipazione a uno sciopero generale con conseguenti disagi per i lavoratori che chiedono assistenza. In più non va dimenticato che qualche giorno fa l’Inas ha scritto una petizione, indirizzata tra gli altri anche al presidente del consiglio, Matteo Renzi, per evitare tagli al sistema dei patronati. Nel mirino la legge di Stabilità, che secondo l’Inas contiene un taglio di 150 milioni di euro. Naturalmente la legge di Stabilità è all’esame del Parlamento e la partita che l’Inas si sta giocando è aperta.
GLI SVILUPPI. E’ allora verosimile, proprio tenendo conto del match in corso, che l’Istituto abbia preferito defilarsi dallo sciopero per lanciare un segnale di distensione al governo in vista della trattativa sui tagli. Fatto sta che l’Inas, guidata dal presidente Antonino Sorgi e da tre vicepresidenti (tra cui Paolo Mezzio, ex segretario organizzativo della Cisl e fedelissimo di Bonanni), alla fine ha optato per uno strappo dalla linea Furlan. Ennesima frana in un sindacato che continua a vivere un momento più che travagliato.
Twitter: @SSansonetti