di Carmine Gazzanni
Partiamo da un dato. Il giro d’affari del gioco, secondo gli ultimi dati, supera di gran lunga i 70 miliardi. Una cifra incredibile. E ciò spiegherebbe perchè l’attenzione dello Stato deve essere massima. La domanda allora sorge spontanea: perchè mai si permette che una concessione, senza che venga indetta nuova gara pubblica, passi di mano, motu proprio, da una società ad un’altra? Il riferimento è al colosso del gioco GTech (meglio nota come ex Lottomatica) che sta concludendo il passaggio di fusione con Igt (leader mondiale nel settore dei casinò) per poi lasciare l’Italia ed emigrare in Inghilterra. Non solo: la società abbandonerà anche Piazza Affari per poi quotarsi solo e soltanto negli States.
CORNUTI E MAZZIATI
Nulla di sbagliato, certo. Scelte imprenditoriali importanti, dato che la fusione proietterà il gruppo De Agostini (attuale proprietario di GTech) a regnare sul mondo del gioco con un fatturato previsto superiore ai 6 miliardi di dollari. Quello che però puzza è il fatto che, nonostante la società abbia deciso di emigrare all’estero, fondersi con Igt e dar vita ad una nuova holding, la Georgia Wordlwide, la concessione non è stata ritirata. Anzi: in barba a qualsiasi legge e spirito di buon senso, si andrà fino al 2016 in prorogatio. In poche parole: un regalo di Stato. Bello e buono. Non potrebbe essere altrimenti se pensiamo che centinaia di milioni non entreranno più nelle casse italiane dato che la società non avrà più residenza in Italia e dunque non sarà più soggetta alla nostra imposizione fiscale. E, nonostante questo, lo Stato comunque le assicura la concessione. Senza indire una nuova gara pubblica, ma andando avanti di proroga. Insomma, cornuti e mazziati.
L’ALLARME
Il motivo per cui, allora, lo Stato abbia deciso di muoversi in questo modo (o, meglio, di non muoversi affatto) resta oscuro. Anche perchè la stessa Agenzia delle Entrate aveva presentato al governo forti dubbi sulla proroga della concessione. In risposta ad un’interpellanza parlamentare, è stato lo stesso ex sottosegretario dell’Economia Giovanni Legnini a ricordare che secondo l’Agenzia “una valutazione circa eventuali perdite di gettito derivanti dal trasferimento all’estero della residenza fiscale della società in questione potrà essere effettuata solo in base alla analisi della situazione patrimoniale nonché dei dati contabili e fiscali della società”.Insomma, i Monopoli diretti da Giuseppe Peleggi hanno preferito garantire la concessione. Così: a scatola chiusa.
L’ESCAMOTAGE
Una giustificazione in realtà è stata cercata. Come confermatoci dagli stessi Monopoli, la GTech ha comunicato lo scorso 5 settembre “la richiesta di autorizzazione preventiva” delle concessioni ad una nuova società, “Italian Holding”, che assumerebbe in questo modo il ruolo di capogruppo in sostituzione della GTech. Se così è, si penserà allora, il problema è evitato. Ma attenzione. Se “la nuova concessionaria dei servizi del lotto sarà controllata direttamente da Italian Holding”, è anche vero che questa sarà “controllata a sua volta al 100% dalla holding di nuova costituzione di diritto inglese con sede nel Regno Unito”. Insomma, altro non è che un escamotage per mantenere la concessione in proroga, dato che la nuova società detentrice si sposta. Fuori dall’Italia. Nel silenzio di tutti. Connivenza o negligenza che sia.
GTech azzarda e va a Londra. Ma lo Stato salva chi lo beffa
di Antonio Acerbis
Era Lottomatica. È GTech. Sarà Georgia Worldwide. E, soprattutto, lo sarà lontano dall’Italia, dato che la nuova holding del gioco avrà sede legale in Regno Unito e sarà quotata solo e soltanto al New York Stock Exchange, negli Usa. Dopo l’annuncio fatto a luglio della fusione tra GTech e il leader mondiale nel settore dei casinò Internatioal Game Technology (Igt) e della loro incorporazione nella NewCo Georgia Wordlwide, infatti, due giorni fa è arrivato l’ok anche da parte dell’assemblea degli azionisti del colosso della ex Lottomatica.
VIA LIBERA
Ok, dunque, all’operazione da 6,4 miliardi di euro. A tanto ammonta la portata della fusione. Una cifra gigantesca, di molto superiore – per capire la portata – anche a quella compiuta dalla Fiat che per 4,35 miliardi di dollari ha acquisito il 41,5% di Chrysler. Eppure se quella fusione ha fatto tanto discutere, quella del duo Marco Sala (Ad di GTech) e Lorenzo Pelliccioli (presidente) sta ricevendo solo plausi e paginoni dai giornali che esaltano la nascita del “colosso dei giochi”. Nessuno che si accorga (o che si voglia accorgere) che agli evidenti vantaggi economici per la società si contrappone una enorme fuoriuscita di imposte, dato che GTech non sarà più soggetta all’imposizione fiscale italiana. Pur conservando – ecco l’assurdo – la concessione da parte dei Monopoli. Una concessione che lo Stato dovrebbe rimettere in gara, incassando molti soldi a cui oggi rinuncia a vantaggio della stessa GTech.
VANTAGGI E SILENZI
Lo stesso Pelliccioli lunedì scorso ha ribadito che il trasloco della sede legale dall’Italia all’Inghilterra “non è assolutamente motivata da ragioni di tipo fiscale. Potrebbero esserci dei vantaggi fiscali che non sono stati però valutati nel momento della scelta della sede”. Dichiarazione quanto meno poco credibile. A meno di voler immaginare che un gruppo di tali dimensioni cambi niente di meno che la sede senza valutarne gli effetti. Che si voglia o meno credere a Pelliccioli, i vantaggi sono sotto gli occhi di tutti. Come osserva Il Sole 24 Ore, infatti, per attrarre gli investimenti esteri, Londra ha ridotto dal 2010 le tasse al 21%, in attesa di una ulteriore riduzione prevista dall’aprile 2015 (guarda caso proprio quando si concretizzerà il passaggio) al 20%. Molto meno della media dei Paesi del G20 che è intorno al 30. Insomma, l’El Dorado per Sala e compari. E l’Italia? Pace: con un escamotage ad hoc (si veda l’articolo su) GTech non perderà le sue entrate, dato che la concessione non verrà ritirata e andrà avanti in prorogatio fino al 2016. Un illecito palese. Su cui tutti tacciono. Monopoli, politica, magistratura. Tanto c’è chi brinda. In volo tra gli Usa e Londra. Comunque lontano dall’Italia.