Di Stefano Sansonetti
Un disastro, senza troppi giri di parole. Centinaia di milioni di debiti, progetti faraonici presentati in pompa magna e mestamente riposti nel cassetto, la solita società pubblica che viene invocata a gran voce per cercare di mettere un pezza in extremis, con i soldi dei contribuenti. Nel calderone dell’Eur, il quartiere romano delle “sperimentazioni” immobiliari, c’è davvero di tutto. Peccato che le uniche cose mancanti, a questo punto con risvolti drammatici, siano le opere promesse. Si parte dalla Nuvola, il cui primo appalto risale al 2002, ovvero il nuovo centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas al quale manca ancora la bellezza di 100 milioni di euro per essere ultimato. Si prosegue con le tre torri dell’ex ministero delle Finanze, ovvero il complesso immobiliare che avrebbe dovuto lasciare il passo a un megaprogetto residenziale da 130 milioni di euro targato Renzo Piano. Progetto che è stato definitivamente cestinato per puntare su una destinazione “direzionale”, e quindi sugli uffici. Infine la Città dell’acqua, parco acquatico che avrebbe dovuto vedere la luce nell’area dove è stato fatto saltare in aria l’ex Velodromo. Anche qui, però, un nulla di fatto, con ettari di terreno sui quali adesso si spera di far decollare un piano residenziale.
Naturalmente dietro questo enorme fallimento c’è la politica. I progetti in questione sono nati in buona parte nel periodo in cui sindaco di Roma era Walter Veltroni. Ma è chiaro che tutti gli ultimi problemi, con conseguenti e clamorose marce indietro, hanno colpito in pieno la giunta di Gianni Alemanno. E non possono certo essere tralasciate le responsabilità dello stato centrale. Eh sì, perché quasi tutti i terreni e i complessi immobiliari fanno capo a due società, Eur spa e Fintecna, il cui azionista di riferimento è il ministero dell’economia oggi guidato da Vittorio Grilli. Ma anche gli interessi privati hanno avuto il loro bel ruolo. Gruppi come Condotte, oggi impegnato nella costruzione della Nuvola e in precedenza interessato alla ormai defunta Città dell’acqua, o società come la Lamaro della famiglia Toti e Idea Fimit della galassia De Agostini si sono inseriti con grandi ambizioni nei vari progetti immobiliari. Salvo poi tentare la fuga nel momento in cui ci si è resi conto che l’investimento si è rivelato poco remunartivo.
La Nuvola adesso spera nella Cassa Depositi. L’ultimo canale di finanziamento su cui sta puntando Eur spa, società proprietaria dei terreni sui quali si sta costruendo il nuovo centro congressi, porterebbe alla Cassa depositi e prestiti. Il condizionale è d’obbligo, innanzitutto perché non sembrerebbe trattarsi di un’attività proprio vicina al core business della Cassa. E poi perché le ingenti risorse finanziarie in pancia alla società, per oltre 200 miliardi di euro, fanno parte del risparmio postale dei cittadini italiani. Nonostante gli ostacoli, però, il presidente di Eur spa, Pierluigi Borghini, ci crede. E dal suo entourage si fa notare come un segnale in tal senso potrebbe essere dedotto dalla nomina di Massimo Varazzani nel ruolo di amministratore delegato di Eur spa, che per inciso fa capo al 90% al ministero del Tesoro e al 10% al comune di Roma. Varazzani, che oggi è anche amministratore delegato di Fintecna, ha avuto un passato sulla tolda di comando della Cassa Depositi. Conosce quindi a menadito la società, ma questo non vuol dire che un intervento della Cdp, controllata dal Tesoro e dalle fondazioni bancarie, sia scontato. Tutt’altro. Il punto è che sul piatto servono circa 100 milioni di euro. Veramente tanto, per un opera che complessivamente costerà grosso modo 250 milioni di euro.
Che poi nella storia della Nuvola se ne sono viste di tutte i colori. Nel 2002, con Veltroni sindaco, si giunge alla prima aggiudicazione dell’appalto per la costruzione dell’opera progettata da Fuksas. Ad conquistare l’ambita commessa è la Dec, società pugliese di costruzioni che fa capo alla famiglia De Gennaro, storicamente vicina al centrosinistra. Lo schema seguito è quello del project financing: in sostanza Dec avrebbe dovuto costruire in parte con soldi propri (non molti, a dir la verità) e in parte con risorse pubbliche derivanti dai fondi per Roma Capitale. All’epoca la stima si attesta sui 130 milioni di euro. Il problema è che subito dopo inizia il calvario. Calcoli calomorosamente sbagliati e risorse palesemente insufficienti portano la pratica al 2005 senza che si sia combinato nulla di buono. E così la Dec, oggi Dg Costruzioni, esce defintivamente di scena. Mentre Veltroni ed Eur spa provvedono all’aggiudicazione della nuova gara al gruppo Condotte, questa volta senza project financing. Risultato pratico di queste incredibili evoluzioni? Semplice, il costo complessivo dell’opera è cresciuto da 130 a 25o milioni. Poi arriva Alemanno e le cose non vanno certo meglio. Al punto che si arriva ai giorni nostri con un “buco” di 100 milioni da coprire con urgenza. Si sperava di poterli reperire dalla vendita della Lama, ovvero dall’albergo extralusso progettato sempre da Fuksas accanto alla Nuvola, che però negli ultimi anni nessuno ha voluto comprare. Sì, certo, qualche manifestazione d’interesse è arrivata, ma con un mercato immobiliare in condizioni pessime si è trattato di un fuoco di paglia. Almeno per il momento.
Le torri di Renzo Piano. A pochissima distanza dalla Nuvola, invece, un altro progetto è definitivamente naufragato. In campo c’era nientemeno che Renzo Piano, altra archistar chiamata al ballo degli immobili dell’Eur. In questo caso l’obiettivo era ristrutturare le tre torri un tempo utilizzate dal ministero delle Finanze e dar vita a un complesso residenziale da 300 appartamenti, con tanto di zone commerciali e serre. In questo caso dietro al progetto, nella veste di proprietaria, c’è una società che si chiama Alfiere. Quest’ultima fa capo per il 50% a Fintecna, ovvero la finanziaria del Tesoro recentemente acquisita dalla Cassa depositi e prestiti (che sempre al Tesoro è da ricondurre) e per l’altro 50% a un’altra società che si chiama Progetto Alfiere. Qui, come azionisti, troviamo la Lamaro Appalti della famiglia Toti, la Astrim di Alfio Marchini (anche se il candidato sindaco di Roma ha deciso di cedere le quote per il suo impegno in politica), Idea Fimit, società di gestione di fondi immobiliari del gruppo de Agostini, Tecnimont Civil Construction, dell’imprenditore Fabrizio Di Amato, l’Immobiliare Fondiaria-Sai dei Ligresti (oggi fagocitata da Unipol) e l’Eurospazio della famiglia Armellini. Anche qui problemi a non finire, e ritorni economici inesistenti, hanno portato a una situazione surreale. I debiti in pancia all’Alfiere sono saliti fino a 200 milioni di euro, di cui 130 nei confronti della banche. Che naturalmente si sono tutelate iscrivendo ipoteca sugli immobili. E pensare che nel bilancio 2010 dell’Alfiere si legge che il costo dell’opera progettata da Piano, calcolato in 130 milioni di euro, avrebbe dovuto fruttare alla società la bellezza di 565 milioni. Il tutto dalla vendita degli immobili, una volta valorizzati. Cifre di fronte alla quali, oggi, non si può che reagire con un riso amaro. Ora Fintecna e soci privati hanno già lanciato un piano alternativo, volto alla realizzazione di uffici. Pare che qualcosa si stia muovendo, sarebbero già pervenuti interessamenti da parte di alcuni fondi e compagnie di assicurazioni. Ma resta il fatto che le tre torri ancora oggi svettano bucherellate. Un panorama inquietante.
La Città dell’acqua. Connesso con il caso della Nuvola è quello della Città dell’acqua. L’idea, anche in questo caso, viene dall’era Veltroni, il quale avrebbe voluto un parco acquatico con tanto di piscine e spazi verdi. Lo sbocco era quello dei Mondiali di nuoto del 2009. Peccato che la compoetizione ci sia stata, senza però lasciare nemmeno una traccia della Città dell’acqua. Già, perché il progetto è stato definitivamente archiviato. Un’altra storia incredibile, che prende corpo nel 2007, quando si decide di costituire Aquadrome, la società deputata allo sviluppo del piano. Nel capitale della società c’è la solita Eur spa, che decide di esperire una procedura competitiva per trovare un partner. Alla fine la scelta cade sul gruppo Condotte, lo stesso che sta costruendo la Nuvola, il quale entra in Aquadrome rilevando il 51% del capitale per 23 milioni di euro. L’area prescelta, sempre all’Eur, è quella dell’ex Velodromo, che viene pure fatto saltare in aria per liberare ettari su ettari. E poi il solito intoppo, in questo caso derivante dal fatto che nel 2008 il Campidoglio cambia colore politico, con la vittoria di Alemanno. Il risultato è che il parco acquatico viene cestinato senza tanti complimenti, per far posto a un progetto in realtà ancora tutto da definire. Sì, perché vista la malaparata, Condotte ha deciso qualche tempo dopo di defilarsi dal progetto. E così Eur spa ha ricomprato la quota in mano al gruppo delle costruzioni per 30 milioni di euro. Ossia 8 milioni di euro in più rispetto al “prezzo” pagato da Condotte. Nel frattempo, in un incredibile intreccio di esiti surreali, si pensa di utilizzare l’area dell’ex Volodromo per ricavarne linfa finanziaria da mettere a disposizione della Nuvola. E’ infatti già chiaro, a quel punto, che per finire il centro congressi di Fuksas servono altri soldi, che oggi sono quantificati in 100 milioni di euro. E dal momento che emerge sempre più chiaramente che non si riuscirà a ottenere parte della somma dalla vendita dell’albergo, ossia della Lama, ecco il colpo di scena finale: convincere i privati a imbarcarsi in un nuovo progetto immobiliare, a destinanzione prevalentemente residenziale, da far sorgere esattamente dove avrebbe dovuto vedere la luce la Città dell’acqua. Ecco, questo è esattamente il punto in cui siamo arrivati oggi, con il presidente di Eur spa, Borghini, che confida in una sollecita delibera del comune per perfezionare la “riconversione” dell’ennesimo progetto iniziato male e proseguito ancora peggio.
I difetti di Eur spa. In questi anni se ne sono sentite dire di tutti i colori. In percorsi così accidentati, infatti, le responsabilità sono talmente numerose da chiamare in causa un po’ tutti gli interpreti sulla scena. In molti, per esempio, sostengono che il Tesoro e il comune di Roma abbiano come minimo commesso un errore ad affidare alcuni dei più importanti progetti immobiliari a un veicolo fondamentalmente piccolo come Eur spa. In più gli ultimi interventi normativi, che hanno avuto come conseguenza quella di ridisegnare la geografia delle società controllate dal ministero dell’economia, ha proiettato sul campo attori che adesso sono costretti in qualche modo a maneggiare un’autentica patata bollente. Sio è detto come in molti confidino nell’intervento salvifico della Cassa Depoisiti e Prestiti. Probabilmente questo non sarà possibile sic et sempliciter, ma è un fatto che la Cassa già adesso sia coinvolta in diversi settori dell’Eur. E’ la Cdp, per esempio, ad aver erogato un finanziamento nel 2008 all’Aquadrome. Ed è sempre la Cdp, oggi presieduta da Franco Bassanioni e guidata dall’ad Giovanni Gorno Tempini, a controllare di fatto Fintecna, la società che ha in mano l’area delle ex torri delle Finanze. Per questo quello dell’Eur è non soltanto un esempio di disastro locale, ma di un vero e proprio fallimento di stato.