Di Gaetano Pedullà
Finalmente la Banca centrale europea si è mossa. Niente a che vedere con le vagonate di doping monetario di Stati Uniti e Giappone, ma perlomeno qualcosa si muove. L’azione che conta non è ovviamente il taglio dei tassi al minimo storico, da 0,15 a 0,05%. Se in banca i soldi non te li danno, è irrilevante che il tasso sia un po’ più alto o un po’ più basso. Tra interessi e commissioni, tra l’altro, il costo del denaro resta distantissimo dai livelli fissati a Francoforte.
Ci sono invece due importanti novità. La prima è che la Bce acquisterà nel tempo crediti cartolarizzati di famiglie e imprese (anche del settore real estate) per 500 miliardi. Si libereranno così altrettante risorse che le banche potrebbero (ma lo faranno davvero?) reinvestire in nuovi crediti all’economia reale. La seconda novità è che la Germania come al solito ha tentato di impedire queste misure, ma la stragrande maggioranza dei banchieri centrali dei singoli paesi Ue questa volta ha messo Berlino in minoranza. Un esito che lascia sperare.
Non solo perché l’effetto delle misure di ieri ha fatto scendere il valore dell’euro rispetto al dollaro, aiutando così le imprese manifatturiere e l’export, ma anche perché lo spread ha continuato a scendere fino al suo livello più corretto (in Italia 138 punti il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi) e si è aperto un qualche spiraglio per dare respiro a Stati ridotti alla fame. Il caso italiano qui è esemplare. Per la prima volta nella storia della Repubblica, dall’esercito alla polizia ai vigili del fuoco vogliono tutti scioperare. Hanno stipendi da fame. E davvero nessun torto.