Di Sergio Patti
Avere una ricetta che non funziona e continuare comunque a curarsi sempre nello stesso modo. La Banca centrale europea va avanti così, arrivando a tagliare ancora una volta i tassi da 0,15 a 0,05%. È servito a niente portare i tassi così in basso e non far praticamente nient’altro? No, e per averne la prova basta guardarsi attorno e veder dove sta il Pil dell’eurozona. Servirà dunque a qualcosa questo nuovo taglio sempre nella stessa direzione e senza utilizzare profondamente le possibili leve della politica monetaria? La risposta è sempre no. D’altra parte più di così i tedeschi non permettono di fare e anche ieri il board ha preso le sue decisioni senza l’unanimità. In compenso però, questa volta è arrivato un impegno più concreto a fare qualcosa. Ovviamente non si parla di quel quantitative easing che in dosi massicce ha salvato gli Stati Uniti, ma perlomeno da ottobre partirà un programma d’acquisto di “ampi portafogli” di titoli Abs, emessi a fronte di cartolarizzazioni di prestiti a imprese e famiglie (compreso il real estate) e di covered bond, un segmento già sostenuto in passato, che secondo un’ipotesi rilanciata dall’agenzia di stampa Reuters potrebbe valere 500 miliardi.
Effetto sorpresa
Una misura che insieme al taglio dei tassi, scesi al nuovo minimo storico, ha portato a una immediata reazione del mercato, con i listini in forte guadagno mentre crollava il valore dell’euro e i rendimenti dei Btp, pure questi scesi ai nuovi minimi storici.
Dopo il freno messo da Berlino alle parole pronunciate da Draghi a Jackson Hole, una decina di giorni fa, gli analisti scommettevano su una nuova seduta interlocutoria per il consiglio direttivo dell’istituto di Francoforte. Il numero uno, però, dopo mesi e mesi di promesse sull’uso di strumenti non convenzionali per far ripartire l’economia, adesso si è deciso. E sempre senza indossare la livrea del falco – ma stavolta nemmeno quella del pollo – un sasso nello stagno perlomeno l’ha lanciato. E questo ai mercato dopo tante parole vuote è stato più che sufficiente. Perlomeno ora è chiaro che all’Eurotower hanno capito che quello della deflazione non è un rischio, ma una certezza visto il decadimento del mercato del lavoro, l’assenza del credito, la prospettiva nera sul piano della produzione e dei consumi un po’ in tutti i Paesi dell’Unione. Draghi è tornato comunque sui contenuti del suo discorso a Jackson Hole, ribadendo che la Bce non può fare tutto da sola e che per riportare l’inflazione a livelli vicini al 2%, come prevede il mandato della Banca centrale, c’è bisogno di crescita e di occupazione, di riforme strutturali e di investimenti, competenze queste dei Governi. I dettagli dei piani, compresi i volumi, saranno resi noti a ottobre ma già da ora Draghi ha detto che avranno un impatto “consistente” sul bilancio della Bce che, nelle intenzioni, dovrebbe ritornare ai livelli di inizio 2012.
Ridimensionata Berlino
Resta il tema della condivisione delle mosse di Draghi tra i governatori delle banche centrali dei singoli paesi europei. Le nuove misure non sono state decise all’unanimità, ha confermato lo stesso numero uno della Bce in conferenza stampa, ma con “una comoda maggioranza”. Indiscrezioni circolate subito dopo, ieri pomeriggio, indicavano in Jens Weidmann, presidente della Bundesbank tedesca, il principale oppositore. Il nuovo taglio dei tassi “è del tutto inatteso”, ha commentato Chris Williamson di Capital Economics, dopo che Draghi a giugno aveva previsto solo la possibilità di marginali “aggiustamenti tecnici” ma nessun nuovo taglio. Incalzato dai giornalisti, Draghi ha poi spiegato che “non ci sono trattative in corso” con i Governi dell’Eurozona. “Il punto che mi premeva chiarire a Jackson Hole – ha aggiunto – è che è molto difficile centrare l’obiettivo di un’inflazione del 2% soltanto con la politica monetaria. C’è bisogno di crescita e di abbassare i livelli di disoccupazione, e per fare questo ci vogliono altre cose, politiche fiscali e riforme strutturali”. Sempre ieri le stime di crescita per l’Eurozona sono state tagliate marginalmente per quest’anno (a 0,9%) e il prossimo (a 1,6%), meno di quanto previsto dagli analisti.