Di Stefano Sansonetti
Una combinazione mortale, peraltro sempre smentita dal governo nei precedenti incontri. E invece, in un giorno solo, l’incubo è diventato realtà. Da una parte il ministro della semplificazione, Marianna Madia, che ha annunciato l’estensione del blocco degli stipendi degli statali a tutto il 2015. Dall’altra l’ufficializzazione delle linee guida di riforma della scuola, che di fatto delineano l’abolizione degli scatti stipendiali per i docenti sin qui legati all’anzianità. Due fatti “gravi”, spiega a La Notizia Marco Paolo Nigi, segretario generale della Confsal (Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori), che non risparmia critiche a dir poco dure nei confronti del governo. “Il blocco degli stipendi risale al 2009, le tasse nel corso degli anni sono aumentate e così il potere d’acquisto è perso”, premette Nigi tracciando un quadro che più complicato non si può.
Il quadro
Il fatto è che per la Confsal la notizia del giorno non è soltanto quella dell’ennesimo blocco dello stipendio dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici. A pesare, nel momento in cui si tramuteranno in realtà, sono anche le linee guida di riforma della scuola, laddove profilano la cancellazione degli scatti stipendiali dei docenti legati all’anzianità. L’obiettivo del governo, a parole, è quello di favorire le progressioni sulla base del merito. In concreto, però, secondo Nigi l’operazione piò essere considerata “una revolverata”. Il motivo è presto detto. “La retribuzione degli insegnanti tornerà indietro”, spiega il segretario generale, “perché l’aumento stipendiale legato all’anzianità di certo non rappresenta una componente accessoria”. Come dire: va bene l’obiettivo di promuovere i merito, ma gli scatti erano l’unica speranza rimasta ai docenti di vedersi un po’ aumentare il compenso. A tutto questo, naturalmente, si aggiunge l’annuncio del blocco generale esteso al 2015. “Non ci aspettavamo nulla del genere”, continua Nigi, ricordando come in uno degli incontri più recenti la stessa Madia non avesse ventilato niente. Anzi, “il ministro aveva dichiarato che se il governo non aveva avuto paura di togliere soldi alla politica, figurarsi se avrebbe avuto timore di ridurre del 50% i distacchi sindacali”. Peccato, conclude però sul punto Nigi, “che il taglio dei soldi alla politica partirà dal 2017, certo non adesso”. E questo, da parte dell’esecutivo, “ha tutto il sapore dell’inganno”.
Lo sbocco
La misura, insomma, è quasi colma. “Non si possono ulteriormente impoverire le persone che lavorano”, dice il segretario della Confsal, che incalza: “Noi siamo un sindacato moderato, di proposta, ma è chiaro che se le cose rimangono in questi termini siamo pronti a valutare azioni forti”. E’ appena il caso di ricordare, tra l’altro, che non più di qualche settimana fa lo stesso presidente del consiglio, Matteo Renzi, aveva bollato come “fantasie” alcune opzioni che erano circolate sui giornali in vista della predisposizione della legge di stabilità. Su tutte un intervento sulle pensioni d’argento, in particolare caldeggiato dal ministro del lavoro, Giuliano Poletti, e poi proprio la proroga del blocco degli stipendi. Quest’ultima soluzione, alla fine, è stata presa in considerazione. A quanto pare il governo, che ha un disperato bisogno di tagliare le spese per 17 miliardi nel 2015, conta di recuperare dall’intervento sugli stipendi pubblici 4-5 miliardi l’anno. A questo punto la declinazione pratica della misura è rimessa alla legge di stabilità. Di sicuro le smentite del governo, dopo ieri, si sono rivelate totalmente di facciata.