Di Gaetano Pedullà
Il vero nemico dell’Occidente non è lo spread
Il prossimo sgozzato sarà tutto l’Occidente. Sarà pure a pezzetti, come dice Papa Francesco, ma questa terza guerra mondiale che va dalla Siria alla Libia, da Gaza all’Ucraina, ha un carico di odio che non consentirà di fare prigionieri. Le atrocità dei miliziani mussulmani dell’Isis in Iraq sono disumane. E il collo tagliato al povero giornalista James Foley è una cartolina spedita dall’inferno a Europa e Stati Uniti. Un avvertimento di fronte al quale non basterà spedire un po’ di vecchie armi ai curdi perché ci pensino loro a difenderci. L’Impero romano, diventato troppo opulento e distratto dagli affari e dallo spread dell’epoca, affidò la difesa dei confini agli stessi barbari, rifornendoli di armi e sesterzi. Sappiamo come è andata a finire. Perché allora restiamo immobili? Perché il massimo che facciamo come Europa sono le belle parole di Renzi ieri a Bagdad e a Erbib? Gli Stati Uniti usciti da una guerra sanguinosa e costosissima non vogliono tornarci in Iraq. Ma lanciare un po’ di bombe può rallentare i jihadisti, non fermarli. Un orrore che spingerà sempre più profughi sulle nostre coste. La democrazia non si esporta con i missili ma l’Occidente, tutti noi possiamo iniziare a fare qualcosa. Ad esempio incazzarci come fece Oriana Fallaci. “Sì, io odio i Bin Laden. Odio gli Zarkawi. Odio i kamikaze e le bestie che ci tagliano la testa”. E odio i collaborazionisti, aggiunse in un suo articolo del 2005, quasi immaginando quel fanatico inglese che ieri ha sgozzato Foley. Incazziamoci. Chiediamo all’Europa e all’Onu di imporre sanzioni pesantissime. Prima che sia troppo tardi.
Di Umberto Croppi
Terrore e Islam, l’Occidente ha molte colpe
Caro direttore, condivido le preoccupazioni che hai espresso ieri dopo l’assassinio del reporter Usa James Foley. Mi permetto però di segnalare un errore di prospettiva nella tua analisi, quando denunci l’inerzia dell’Occidente di fronte all’avanzata del terrorismo islamico. L’”Occidente”, purtoppo, non è rimasto “immobile”. Tutti dimenticano che l’Isis è nata in Siria, armata, addestrata, foraggiata e perfino ideoligicamente motivata dalle potenze occidentali. Un sostegno dato per “liberare” quel paese da un “feroce” dittatore eletto con metodo democratico. La pratica delle decapitazioni non mi pare abbia prodotto particolare sdegno finché è stata esercitata nei confronti di centinaia di soldati dell’esercito siriano. Viceversa i Curdi, fino a qualche tempo fa, erano pericolosi terroristi (le loro bombe arrivarono nel cuore di Roma) tanto che l’Italia arrestò uno dei loro leader: abbiamo dimenticato Ocalan? Non diversa è la situazione in Libia, per non parlare di quanto è successo in Afghanistan con i Talebani. Insomma non si può giungere a facili conclusioni senza una seria analisi delle responsabilità. E le mibilitazioni dell’occidente fin’ora hanno solo prodotto disastri.
Di Gaetano Pedullà
Contro la Jihad i singoli Stati saranno travolti
Nulla di più giusto caro Umberto: ricette facili non ce ne sono. E io non voglio dire assolutamente il contrario. Ribadisco però l’enorme sottovalutazione del problema, distinguendo l’inerzia della comunità internazionale dall’azione di singoli governi ormai storicamente responsabili dei macroscopici errori commessi dall’Iran all’Afghanistan. E qui possiamo prendere ad esempio proprio la Siria, dove le cose sono andate esattamente come dici. Dopo aver sostenuto l’Isis, ricordo però anche il tentativo tardivo di Francia e Gran Bretagna di intervenire militarmente contro Assad (con studi e moglie inglese) bloccato in extremis dalla Russia di Putin. Fai bene dunque a precisare che il mondo non è rimasto immobile in tutto il Medio Oriente (e quando si è mosso ha fatto nuovi danni) ma la mia idea di Occidente non è quella delle diverse amministrazioni e dei loro giochi di potere. Anzi! Questi giochi vanno avanti da decenni perché l’Occidente – inteso come opinione pubblica e insieme di Stati, di cultura e anche di interessi economici – non percepisce la minaccia e non fa pressione per affrontare la questione, delegando le ricette ai governi di ciascun Paese che così agiscono cercando più i propri interessi che un interesse generale alla crescita anche economica di quell’area, condizione essenziale per un’autodeterminazione politica e democratica. È questa la mobilitazione che rivendico, non certo quella militare o di armare i “barbari” oggi meno “barbari” con noi o di sostenere governi fantoccio (il caso di al-Maliki è da copione). Tutte opzioni che – condivido con Te – possono servire a prendere tempo ma che presto o tardi presentano il conto. La Seconda guerra mondiale fu vinta dall’alleanza di Stati – e di interessi anche tutt’altro che convergenti – contro un nemico comune. Se ora siamo di fronte a una Terza guerra mondiale, come dice credo giustamente Papa Francesco, serve allo stesso modo una strategia allargata, un blocco comune. Lasciar fare agli Usa o agli altri player del Risiko mondiale può fare solo altri disastri.