Di Giovanna Tomaselli
È stata Hamas a far saltare la tregua tra palestinesi e Israele e adesso è anche Hamas a pagarne il conto. Tre comandanti del braccio armato del movimento sono stati uccisi ieri nei raid aerei su Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Interventi che Israele definisce mirati ma che, per quanto possano essere “chirurgici” nel centrare le vittime designate, inevitabilmente presentano pure un prezzo di sangue innocente. In una esplosione verificatasi nella via Nafak di Gaza City sono rimasti uccisi infatti anche due adulti e tre bambini, tutti al di sotto di 10 anni di età.
Vittime di rango
“Israele pagherà a caro prezzo i crimini commessi contro il popolo palestinese”, ha detto Hamas, spiegando che l’uccisione dei suoi militanti aumenta la determinazione nel colpire lo Stato di Tel Aviv. Tra le vittime di ieri c’è Mohammad Abu Chamala, il responsabile dei tunnel di contrabbando scavati sotto al confine con l’Egitto: una delle personalità più influenti nel Sud della Striscia. L’altro dirigente di Hamas colpito è invece Raed al-Atar, il comandante della Brigata di Rafah del braccio armato del movimento. Era stato il «cervello» del rapimento del soldato israeliano Ghilad Shalit ed era già sopravvissuto ad un attentato israeliano. Il mese scorso aveva cercato di rapire verso Rafah un altro militare israeliano, il tenente Hadar Goldin.
Netanyahu esulta
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lodato l’azione dell’intelligence e ha affermato in una nota che i leader di Hamas avevano “pianificato attacchi mortali contro civili israeliani”. Attacchi effettivamente ripresi sin dalla mattinata con una trentina di razzi (in parte intercettati dalle batterie di difesa Iron Dome) e di colpi di mortaio sparati da Gaza. Intanto l’Onu continua a spingere per la ripresa del dialogo. I negoziati che si stavano svolgendo al Cairo sono interrotti martedì pomeriggio a seguito del lancio di tre razzi dalla Striscia di Gaza contro Israele e del conseguente ritiro della delegazione dello Stato ebraico.