Di Alessandra Fassari
Questa volta la tregua non ha funzionato e nella Striscia di Gaza ieri si è tornato a combattere. Ad accendere la miccia è stata ancora una volta Hamas con il lancio di alcuni razzi verso Israele. Inutili le pressioni palestinesi proprio sul movimento perchè rispettasse un cessate il fuoco indispensabile per fornire assistenza alla popolazione locale duramente provata da oltre un mese di scontri. A Gaza non si piangono solo i quasi duemila morti per effetto dei raid dell’aviazione di Tel Aviv (e alcune migliaia di feriti), ma c’è una situazione drammatica per la carenza di acqua, viveri, farmaci ed energia. L’accordo per fermare i combattimenti raggiunto in extremis lunedì al Cairo però non ha retto e il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha subito ordinato la ripresa dei raid e il ritiro dei negoziatori israeliani dai colloqui in Egitto. Hamas, in sostanza, è riuscita a far riprecipitare la situazione nel caos.
La provocazione
Per far ripartire la guerra sono bastati appena tre razzi lanciati verso la città israeliana di Beer Sheva, nel Neghev. Gli ordigni sono esplosi in zone non abitate e non hanno fatto vittime. Dunque l’obiettivo era solo quello di provocare l’esercito con la stella di David. E far cadere insieme alla tregua anche la prosecuzione dei colloqui in corso al Cairo dove l’obiettivo adesso si è spostato verso una soluzione di pace più a lungo termine.
Scambio di accuse
Naturalmente dopo la riapertura delle ostilità Hamas e Israele si sono rimpallate le responsabilità, con il movimento palestinese che ha accusato apertamente Tel Aviv di non voler progredire nei negoziati, ignorando i veri nodi dela questione, a partire dalla richiesta di rimuovere integralmente il blocco di Gaza, riaprire il porto e l’aeroporto nella Striscia. Richieste sulle quali Israele non intende neppure cominciare a discutere se prima Hamas non si sarà interamente disarmata.
Colpo di Stato
A rendere ancora più difficile la situazione ci sono poi i giochi di potere tra l’autorità palestinese e Hamas, con quest’ultima accusata di aver predisposto un piano per rovesciare l’Anp in Cisgiordania. L’operazione, rivelata dai servizi segreti israeliani, è stata presa sul serio dal presidente palestinese Abu Mazen. Nonostante i recenti accordi, Hamas sarebbe infattti ben felice di un colpo di Stato. Tra le fonti dei servizi segreti di Tel Aviv, inoltre, potrebbero esserci alcuni dei 93 membri di Hamas arrestati solo negli ultimi mesi in Cisgiordania. Presunti terroristi che avrebbero progettato attentati in Israele, violenze nella Spianata delle moschee di Gerusalemme e anche una nuova intifada proprio per destabilizzare l’Anp.