di Monica Setta
Per lei può valere la frase che il Cavaliere riservò a Rosy Bindi con la sola avvertenza di saperla rovesciare: se Rosy Bindi era più “bella che intelligente”, Mara Carfagna è certamente più intelligente che bella. Intendiamoci, che l’ex ministro delle Pari Opportunità sia una donna di un certo fascino è notorio. Esile, lineamenti scolpiti, sguardo naturalmente attonito, la donna che la stampa internazionale definì simbolo della bellezza italica al governo è tutt’altro che un’ esplosione di carnalità, anzi. È invece squisitamente sveglia, dotata di un’intelligenza diciamo così – laterale, capace di cogliere non solo le sfumature, ma anche qualcosa di più. Classe 1975, salernitana, figlia di una decorosa famiglia piccolo borghese, Mara scalpita fin da giovanissima per conquistare un posto sotto i riflettori. Partecipa ai concorsi di bellezza perché il suo fisico rientra nei canoni standard dell’eterno femminile – le forme graziosamente accentuate prima del drastico dimagrimento che ce l’ha regalata così come è oggi: fragile, eterea, rarefatta. Ma ciò che le interessa è l’affermazione della sua personalità. Ha in mente solo di affrancarsi dal torpore e dall’invisibilità della provincia, quando accetta di fare la valletta semi muta di Michele Guardì che le consente comunque il primo passo verso la popolarità televisiva.
Per anni fino al giorno della sua “prima volta” in Parlamento nel 2006, Mara deve tacere e mostrarsi docile, silente laddove scalpita per dire la sua e diventare “qualcuna”. Laureata a pieni voti, non ha esitato a sottoporsi ad ore e ore di studio per imparare a fare l’onorevole memorizzando meccanismi istituzionali e dinamiche partitiche che le erano giustamente ignote nella sua vita precedente in tv. Quando la invitavo a Domenica in pretendeva affettuosamente di incontrarmi qualche giorno prima per avere la griglia degli argomenti e studiare, trovare spunti, imbastire un intervento parzialmente originale. Più volte ci siamo incontrate in un caffè nei pressi di Montecitorio dove lei arrivava trafelata e piena di borse, giornali, documenti. Mara sapeva esercitare allo stesso modo gratitudine e vendetta. Al compleanno che festeggiò l’anno prima del debutto al governo con Berlusconi nel 2008, mi volle al tavolo d’onore con i suoi genitori, il fratello e lo stesso Cavaliere. La sua amica del cuore, l’intraprendente Caterina Balivo da Aversa, era collocata più distante, malgrado fosse, lei sì, irresistibile. Quella sera, a tavola, davanti all’irrefrenabile verve berlusconiana, fui praticamente la sola a parlare.
Mara si limitava a sorridere, educatissima. Ascoltando ha imparato a distinguere gli amici o i collaboratori leali dagli opportunisti, da quelli (e sono stati tanti) che l’hanno blandita per poi accoltellarla metaforicamente alle spalle. Lei se ne intende perchè è proprio alle spalle che lavora meglio nella sua propensione a quella visione “diagonale” della vita che non sta né sopra né sotto ma “a latere”. Siccome è sempre il nostro difetto a segnare il corso del nostro destino, chi di spada ferisce, di spada perisce. Ha subito, certo, però si è sempre vendicata. Nel Pdl è attualmente la donna più influente e state sicuri, appena ne avrà i mezzi, regolerà i conti con chi le ha fatto del male. Perché la Carfagna perdona, ma non dimentica.