Del Turco vede la fine dell’incubo, ma il Pd lo ignora

di Antonello Di Lella

Si sta difendendo nel processo e non dal processo l’ex governatore d’Abruzzo Ottaviano Del Turco travolto nel 2008 dall’inchiesta sulla “Sanitopoli” regionale. Da quella mattina del 14 luglio 2008 quando i finanzieri si presentarono nella sua villa di Collelongo, in provincia dell’Aquila, per arrestarlo, l’ex segretario del Psi nonché uno dei fondatori del Partito Democratico, politicamente parlando, è rimasto solo o quasi: davanti alle accuse di associazione per delinquere, corruzione, concussione e truffa. Quelli che una volta erano i suoi alleati politici si smaterializzarono ben presto.
E anche ora che Del Turco ha iniziato a guardare con fiducia agli sviluppi del processo da largo del Nazareno non ha ricevuto nemmeno una telefonata. “Eravamo in 45 tra i fondatori del Pd, ma nel giorno dell’arresto gli altri 44 sparirono”, ha dichiarato Del Turco intervistato nei giorni scorsi da Antonello Piroso nel suo web show su blogo.it. Al centro dell’accusa un giro di tangenti, in totale 15 milioni di euro circa, che Del Turco, altri esponenti politici e manager della sanità avrebbero ricevuto, in cambio di favori, dall’ex patron della clinica Villa Pini Vincenzo Maria Angelini, il grande accusatore e allo stesso tempo tra gli imputati nel procedimento.

Del Turco dovette scontare ventotto giorni di carcere a vista, quasi tre mesi di arresti domiciliari oltre a un periodo di residenza obbligata. Ed è anche per questo che continua a chiedersi dove erano finiti all’epoca quei garantisti di sinistra che ora rispuntano dalle tenebre. In quei giorni grigi furono davvero pochi gli attestati di stima ricevuti soprattutto dai presunti amici di partito. Il primo a denunciare la presa di distanze del Pd da Del Turco fu Luigi Manconi. Solidarietà gli manifestò invece Renato Brunetta. Dal Pd, invece, poco o niente. Né allora, né ora che il processo potrebbe essere a una svolta. Nuovi elementi che, ovviamente, saranno tutti da verificare dinanzi ai giudici del Tribunale di Pescara. Per chiarire se davvero la giustizia italiana è incappata o meno in un nuovo caso Tortora.