Di Alessandro De Angelis per Huffington Post
C’è un momento in questa storia dell’Unità in cui i giornalisti capiscono che, in fondo, è tutta una questione politica. Racconta uno di loro, lacrime agli occhi: “Lunedì siamo andati a dormire che c’era un accordo sottoscritto. Duro, lacrime e sangue, ma c’era. Dopo quattro mesi senza stipendio era comunque una speranza”. Poi, il giorno dopo salta tutto. L’assemblea dei soci della Nuova Iniziativa editoriale boccia il piano della Editoriale Novanta, la nuova società creata da Matteo Fago, a sua volta presente al 49 per cento della Nie.
Avviene nel corso di una drammatica riunione dei soci, nel corso della quale il veto a Fago viene posto da altri due soci: Eventi Italiani, società vicina al Pd e l’ex senatrice di Forza Italia Carla Ioannucci ex deputato di Forza Italia che ha una quota del 12 per cento. Un veto possibile grazie alle regole statutarie della Nie, in base alle quali le decisioni si prendono col 91 per cento. Prosegue il collega: “L’assemblea dei soci finisce quasi alle mani. I liquidatori sono accusati di aver aggiunto debiti, cosa non vera e stoppano l’operazione”. È a quel punto che uno dei liquidatori, Emanuele D’Innella urla: “E allora spiegatelo voi alla redazione che così il giornale chiude”. Non viene invece neanche messa in discussione l’offerta arrivata dalla Bioera, la società di cui è presidente Daniela Santanchè.
Oggi è il giorno degli scatoloni, dei sigilli,delle scrivanie vuote. Parli con più di un collega e lo trovi occupato a trovare un modo per conservare il numero di cellulare. Dismesse le utenze aziendali. Pure il sito internet rischia il black out. Ed è il giorno delle accuse, delle accuse politiche, degli spari sopra le teste dei 60 giornalisti assunti più i collaboratori senza più un lavoro. L’accusa più dura è quella del direttore Landò, che in un fondo sul giornale tutto bianco, nel giorno del lutto, scarica le responsabilità, tutte, sul quartier generale del Pd: “La verità, inutile girarci intorno, è che il Pd non ha fatto molto per impedire che l’Unità cadesse di nuovo nel buio della chiusura. Certo, l’Unità ha criticato più volte le scelte di Renzi, ma lo stesso abbiamo con Cuperlo e Civati”.
Insomma, è la tesi del direttore Landò, che con Fago sarebbe rimasto direttore ma non con altri acquirenti, l’Unità è stata uccisa perché scomoda e critica su Renzi. Non è un mistero che Fago, l’unica misera offerta sul campo, fece il suo endorsement a favore di Pippo Civati alle primarie ed è fautore di un giornale che parli alla sinistra diffusa e sommersa, e a quella emersa e meno diffusa di Civati e Vendola.
È proprio quel momento in cui viene stoppata la proposta di Fago che i più smaliziati capiscono che Renzi la partita dell’Unità la sta seguendo con molta attenzione, attraverso il tesoriere del Pd Bonifazi. Non è un dettaglio che nelle prossime ore il cdr incontrerà il presidente del Pd Matteo Orfini. Nelle parole del cdr, più morbide nei confronti del Pd, anzi nelle quali non compare l’accusa di omicidio politico si intravede una possibile trama sul futuro del giornale. Trama che porta nella stessa direzione immaginata da Bonifazi. Che ha spiegato: “Siamo impegnati a riaprire l’Unità”.
Ecco allora la partita politica di queste ore. Con la sospensione delle pubblicazioni la palla passa al commissario che sarà incaricato di gestire la liquidazione della Nie. Il che significa che la Nie (con Fago e la vecchia compagine societaria) non è più il destinatario di eventuali offerte di nuovi acquirenti. Ma saranno i liquidatori che possono vendere al miglior prezzo in base anche alle esigenze dei creditori. Insomma, con la sospensione delle pubblicazioni e i giornalisti in cassa integrazione si può vendere il “marchio” senza il “ramo aziendale”. Un’operazione “alla Marchionne” sussurra qualche giornalista. Nel senso, e questa intenzione trova più di una conferma, Bonifazi è impegnato a trovare una cordata che rilevi il marchio – anzi ce ne sarebbe già una – ma a questo punto nessuno sa quanti giornalisti sarebbero tutelati. Renzi non ha intenzione di rottamare il marchio Unità, anzi dopo aver risuscitato le feste vuole risuscitare anche il giornale, ma ha in mente una sorta di Unità 2.0: più moderna, smart e digitale. Con meno giornalisti. Starebbe anche cercando un direttore ad effetto, molto mediatico e televisivo. E nelle nuova Unità dovrebbero confluire anche i giornalisti di Europa, o una parte di loro, quando finirà l’ossigeno anche all’altro giornale del Pd. A proposito: in questo schema, nessuno dei giornalisti in cassa integrazione sa chi sarà coinvolto nella Unità 2.0 di Renzi.