Dalla Redazione
L’Argentina è di nuovo sull’orlo del burrone. Il secondo default, dopo quello del 2011, sembra davvero a un passo. Tanto che per salvare il paese sudamericano dovranno scendere in campo le banche. Lo rivela il Wall Street Journal, secondo cui l’Adeba, l’associazione delle banche argentine, starebbe lavorando a un piano per subentrare agli hedge fund che non avevano aderito al default del 2001. Gli istituti di credito dovranno in ogni caso fare in fretta perché la deadline per il pagamento ai creditori che avevano aderito al concambio scade oggi.
Per sbloccare la situazione e partecipare alle trattative anche il ministro dell’economia Axel Kicillof è arrivato a New York. L’obbiettivo è raggiungere un accordo che possa portare alla sospensione temporanea della decisione del giudice americano Griesa. La sentenza ha, infatti, accolto il ricorso degli hedge found disponendo che l’Argentina non possa procedere ai pagamenti nei confronti dei creditori che hanno accettato la svalutazione del 70% se contestualmente non ripagherà gli “holdout” per una cifra di 1,3 miliardi di dollari. I creditori che hanno sottoscritto accordi con Buenos Aires tra il 2005 e il 2010 per la ristrutturazione del debito (il 92% del totale) potrebbero presentare ricorso chiedendo parità di trattamento sulla base delle clausole del cosiddetto Rufo (right upon future offers).
E il mondo si preocupa sugli effetti che un eventuale default dell’Argentina potrebbe avere sull’economia internazionale. Sul punto è intervenuto il numero 1 del Fmi, Christine Lagarde, che ha escluso conseguenze nefaste. Un default avrebbe dall’impatto limitato, rassicura il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Christine Lagarde. “Anche se un default è sempre spiacevole, non riteniamo che avrebbe un impatto forte su ampia scala” ha spiegato Lagarde.