Di Gaetano Pedullà
Per i teorici della svolta autoritaria siamo di fronte alla pistola fumante: la prova che questo governo se ne frega delle regole democratiche e a colpi di maggioranza vuole cambiare la Costituzione per garantire il massimo della governabilità al nuovo imperatore Matteo Renzi. Questa pistola fumante sarebbe la decisione di troncare il dibattito parlamentare, contingentando i tempi della discussione.
Naturale la reazione furibonda, dai Cinque Stelle arrivati a marciare verso il Quirinale al Fatto quotidiano, ormai l’organo ufficiale di un’opposizione tanto prevenuta da non vedere che il totem della nostra Costituzione è vecchio e inadeguato a questi tempi. Così proprio chi chiede di cambiare profondamente questo Stato arriva a scendere in piazza per difendere un bicameralismo perfetto frutto degli equilibri del dopoguerra. A quell’epoca la priorità era un forte controllo sull’esecutivo, per evitare nuovi regimi come quello appena caduto col fascismo.
Un obiettivo che non cambia, ma che oggi esige anche una maggiore capacità di governare il Paese. Di fare riforme profonde. E di farle velocemente. Ridurre le funzioni del nostro Senato è un vero rischio per l’Italia? No, non lo è. Ed è troppo facile citare ad esempio tutti quei grandi Paesi democratici dove le leggi si approvano senza la necessità di rimpallarle da una Camera all’altra. Dunque la resistenza al cambiamento fa parte di una naturale pulsione alla conservazione. E di una opposizione politica poco lungimirante. Tanto imbevuta di complottismi da temere di più immaginari regimi futuribili che l’attuale navigazione verso l’ignoto di questa Italia senza timone.