di Francesco Spini per La Stampa
Allarme rosso in casa Ntv. Se passa così com’è oggi l’articolo 29 del decreto competitività – quello che, in particolare, elimina incentivi sull’elettricità per le ferrovie per circa 120 milioni, per contribuire a una sforbiciata del 10% delle bollette delle Pmi – il treno Italo rischia di finire su un binario morto.
Il presidente della società, Antonello Perricone, è furente: «Questo governo, in una situazione già tanto grave vuole davvero mettere a rischio un miliardo di euro di investimenti privati e oltre mille giovani lavoratori? Se è davvero così si assume una responsabilità gravissima: uccidere la concorrenza e tornare al Medioevo nel trasporto ferroviario».
Il punto sta nell’aggravio di oneri che le nuove norme comporterebbero: «Caricare su Ntv un costo di circa 20 milioni di euro annui per i maggiori oneri della bolletta elettrica, significa cambiare, in corsa e in peggio, le regole del gioco e aprire le porte al ritorno di una situazione di monopolio», osserva Perricone.
Il regime tariffario speciale di cui Rete Ferroviaria Italiana oggi gode, nasce come un risarcimento dopo che nel 1963 le centrali idroelettriche e geotermiche delle Fs furono trasferite per legge – con il relativo sfruttamento – all’Enel. Dal 2015 si prospetta la fine degli incentivi. Con l’eccezione per le imprese che effettuano trasporto di passeggeri o merci in regime di servizio universale (e quindi sussidiato): è il caso dei treni per i pendolari ma anche di alcune tratte merci.
Per loro tutto resterà com’è. Per chi opera a regime di mercato, cambieranno le tariffe di pedaggio nella componente legata al costo dell’energia che oggi è pari a 0,357 euro. A pagare si più sarà tutta l’Alta Velocità più una fetta del trasporto merci. Su un totale circolante pari a 290 milioni di chilometri al 2013, i servizi a mercato sono pari a 100 milioni di chilometri: circa 30 milioni di merci, 70 milioni di alta velocità. Si calcola che l’aggravio per chilometro sarebbe di circa 1,20 euro.
Per Ntv significherebbe passare da un pedaggio di 13,257 euro per chilometro a circa 14,1 euro. Durissima per un operatore in perdita, che ha già dovuto procrastinare dal 2014 al 2016 il break-even. È possibile però che possa ritrovarsi a dover pagare anche di più. Sotto il peso di un aumento tariffario, circa la metà dei piccoli operatori privati «merci» esclusi dal servizio universale (oggi pagano 3 euro al chilometro, si passerebbe a 4,2 euro) potrebbe saltare per aria, come ha più volte reclamato la FerCargo.
Si studiano soluzioni: in commissione Industria al Senato sono stati depositati già tre emendamenti, due dei quali, bipartisan, prevedono l’esclusione del settore cargo dagli aumenti della bolletta. Ma questo potrebbe far quasi raddoppiare i costi il comparto passeggeri e quindi per Ntv. La soluzione allo studio però è più articolata, e coinvolgerebbe l’Autorità dei Trasporti, che deciderebbe quali tratte merci sono meritevoli di sgravio.
Proprio il presidente dell’authority, Andrea Camanzi nella sua relazione annuale afferma che «nei settori nei quali, come nel caso del trasporto ferroviario, operano imprese dominanti verticalmente integrate, è essenziale che la gestione della infrastruttura sia separata dalla fornitura dei servizi».
Perricone applaude il discorso, ma si augura «che si passi il più velocemente possibile alla pratica. Per noi è già molto tardi. A parole, in sede elettorale, tutti sono sempre a favore della concorrenza, quando però occorre dimostrarlo nei fatti arrivano i problemi…».