Le Fondazioni bancarie tremano

Di Camilla Conti

Le Province verranno abolite. No, cambiano solo nome e vengono decostituzionalizzate. La «grande riforma» annunciata per decenni resta ancora al centro delle polemiche. Di certo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio ha varato la legge sul riordino degli enti locali entrata in vigore l’8 aprile scorso e l’abolizione delle Province è contenuta nel ddl costituzionale del ministro Maria Elena Boschi licenziato da Palazzo Chigi. E se sul tema non mancano né grane, né incertezze, è altrettanto certo che il nuovo impianto istituzionale è destinato a cambiare il rapporto con le 88 fondazioni di origine bancaria. Perché gli statuti andranno adeguati e rivisti in base alle novità. Ponendo una serie di interrogativi. Il primo: chi rappresentano e che legittimità giuridica hanno i nominati che ancora siedono negli organi delle fondazioni nominati dalle province? Solo per dirne una: il presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, siede nell’ente in rappresentanza della provincia di Como. Secondo: con il venir meno di questo ente nominante, come verranno distribuite sul territorio le erogazioni delle fondazioni che prima venivano filtrate tramite appunto le amministrazioni provinciali?

I nodi
Non solo. Renzi vuole anche depotenziare le Camere di Commercio che nel loro tesoro di partecipazioni – oltre a aeroporti, fiere, autostrade – custodiscono anche quote nonché poltrone in fondazioni. Insomma, ci troviamo di fronte a una rivoluzione copernicana nel rapporto tra politica locale e alcuni dei principali azionisti delle big del credito che impatterà sugli equilibri di potere. Le province infatti (nella figura del presidente), oltre a scegliere i membri degli organi d’indirizzo delle fondazioni, hanno sempre indicato ai nominati negli organi d’indirizzo il nominativo o i nominativi da proporre negli organi di gestione delle stesse. Ma la musica presto cambierà, soprattutto sul fronte della governance.
Il primo segnale l’ha dato la Compagnia San Paolo, fra i soci più importanti di Intesa, che la settimana scorsa ha avviato la procedura di revisione dello statuto verso una riduzione significativa del numero dei componenti del Consiglio generale e del Comitato di Gestione che dovrebbe concretizzarsi entro la pausa estiva. Verrà limato il numero dei componenti del consiglio generale (oggi sono 21) e dei membri del comitato di gestione (attualmente sette). Il presidente Luca Remmert non ha fornito l’entità dei tagli ma ha spiegato che “si ragiona sul fatto che nelle Province qualcosa stia succedendo e anche sulla rappresentanza delle Camere di commercio”. Lasciando dunque intendere che proprio dalla trasformazione delle Province e dalla riforma del sistema camerale potrebbero derivare alcuni possibili “sacrifici”. Di sicuro una situazone come minimo curiosa riguarda la Fondazione Cariplo guidata da Guzzetti (che è anche dominus dell’Acri). In carica dal 1997 e rinnovato l’anno scorso fino al 2019, lo stesso grande vecchio (a maggio ha festeggiato 80 anni) delle fondazioni è arrivato al vertice di Cariplo come espressione del territorio e di una Provincia, quella di Como. Insomma, Guzzetti è proprio espressione di una di quelle province che si vorrebbero eliminare. Tutto normale? Al momento pare di sì, visto che il rinnovo è avvenuto l’anno scorso e la riforma delle province è tutt’altro che definita. Ma a differenza della Compagnia San Paolo, a quanto si apprende la Cariplo non ha allo studio nessuna revisione degli organi di indirizzo né alcun aggiornamento dello statuto. Almeno per ora.

La rete
Per non parlare della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena che avrebbe così l’occasione per spezzare definitivamente i grovigli con la politica riducendo i componenti della deputazione generale (alla Provincia spettano due membri e alla Camera di Commercio uno), proprio in virtù dei cambiamenti del ruolo degli organismi camerali e delle province che come ente di primo livello non esisteranno più. Compresa quella di Siena. Altri esempi? Nel Consiglio generale della Fondazione CariParma, la provincia e la Camera di Commercio nominano un membro a testa. In Fondazione Carige, la provincia di Genova nomina tre consiglieri di indirizzo e altrettanti vengono proposti dalla Provincia di Imperia. Poi tre dalla camera di Commercio di Genova, uno da quella di Imperia e uno da quella di Savona. Alla Fondazione Banco di Sardegna sulle nomine del comitato di indirizzo dicono la loro ben quattro consigli provinciali e quattro Camere di Commercio.

Il dubbio
Mentre per le province la revisione è obbligatoria, per ora quello sul rapporto con le camere di commercio è discrezionale in quanto la proposta di riordino non è ancora legge. L’impatto, in questo caso, sarebbe comunque ancora più vasto considerata la portata delle partecipazioni gestite a livello locale. Un patrimonio strategico sia in termini economici, sia di influenza politica: dalle Casse di risparmio del Nord Italia, ai piccoli istituti del Sud passando per le banche di credito cooperativo si arriva a una cinquantina di partecipazioni in fondazioni bancarie e negli istituti di credito.

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Di Stefano Sansonetti

Dati alla mano, la sensazione non è certo delle migliori. Troppe incrostazioni, nel mondo delle fondazioni bancarie, per sperare che la riforma delle province portata avanti dal governo di Matteo Renzi, se mai dovesse essere realmente condotta in porto, possa scardinare equilibri potere che vanno avanti da decenni. Le province, teoricamente destinate a scomparire, da sempre nominano decine di rappresentati negli organi di gestione degli enti di origine bancaria. Ora, che il mondo delle fondazioni sia dominato quasi sempre dagli stessi inamovibili soggetti è un fatto. L’esempio più fulgido, naturalmente, è quello di Giuseppe Guzzetti (classe 1934), presidente dal 1997 della fondazioni Cariplo e dal 2000 dell’Acri, l’associazione di settore. La Cariplo è la più ricca fondazione bancaria nostrana, con un patrimonio di 6,2 miliardi all’interno del quale spicca la partecipazione del 4,9% nel capitale di Intesa Sanpaolo. Guzzetti è stato rinnovato giusto lo scorso anno, per un mandato che scadrà nel 2019, quando il “dominus” delle fondazioni avrà la bellezza di 85 anni. Chissà se la settantenne Mariella Enoc, pupilla di Guzzetti, attuale vicepresidente dell’ente e già presidente di Confindustria Piemonte, riuscirà mai a salire sulla poltrona più importante della fondazione. Quando l’attuale numero uno è stato confermato, con i fedelissimi aveva fatto intendere che avrebbe pensato a una staffetta. Scenario del quale, al momento, non si vede nemmeno l’ombra.

Gli altri
Altro “decano” del mondo degli enti di origine bancaria è Dino De Poli, padre padrone della Cassamarca, ovvero la Cassa di risparmio della marca trevigiana, oggi confluita nel gruppo Unicredit. De Poli, addirittura classe 1929, è un avvocato di incrollabile fede Dc (esattamente come Guzzetti) che è riuscito a resistere a quasi tutte le intemperie politiche. Diventato presidente della banca Cassamarca nel 1987, si è poi sistemato dal 2000 sulla tolda di comando della fondazione (accreditata di uno 0,7% all’interno della stessa Unicredit). Da allora è rimasto letteralmente imbullonato a quella poltrona. Alla fine dell’ennesimo mandato, conquistato nel 2012 con scadenza 2018, avrà 89 anni. Che dire. Un altro recordman, da poco uscito di scena, è Andrea Comba, giurista torinese (nato nel 1936) che dal 1994 al 2012 ha ininterrottamente guidato la Fondazione Cassa di risparmio di Torino, azionista forte di Unicredit con il 2,5% del capitale. Due anni fa gli è subentrato l’attuale numero uno dell’ente, il notaio Antonio Maria Marocco. Storia simile anche per Fabio Roversi Monaco, che solo in tempi recenti ha lasciato la poltrona di presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Bologna, azionista di Intesa con il 2% del capitale, ricoperta dal 2001. Insomma ancora oggi, seppur con qualche lieve arretramento, le fondazioni sono guidate da inamovibili che resistono fino alla fine prima di togliere il disturbo. Sulla carta qualche scossone potrebbe arrivare con la scomparsa delle province, che tanta influenza hanno nella nomina di loro rappresentati negli enti (vedi l’articolo a fianco). L’operazione è a dir poco ostica, ma la speranza è l’ultima a morire.

@SSansonetti