Di Matteo Milani
Dopo oltre 15 anni in Emilia-Romagna finisce l’era di Vasco Errani, da ieri non più il presidente della Regione. Si è dimesso poco dopo essere stato condannato a un anno in appello per la vicenda Terremerse. Un terremoto. Ora si aprono le incertezze. Si andrà al voto ma vanno ancora chiariti i tempi per le elezioni, a causa di una sentenza costituzionale.
Il Pd conferma la stima
I dem si mostrano convinti che l’innocenza del governatore possa essere riconosciuta in Cassazione. E lo stesso Matteo Renzi, che telefona a Errani nella serata di ieri, ribadisce il principio per cui la presunzione d’innocenza vale fino all’ultimo grado di giudizio. La segreteria nazionale del Pd ha invitato il governatore a ritirare le dimissioni, confermando «La stima nei suoi confronti e nel lavoro svolto in questi anni». Come d’altronde hanno fatto in moltissimi nel Pd (Speranza, Fassina, Cuperlo), a cominciare dai deputati dell’Emilia-Romagna e da Pier Luigi Bersani, che proprio in Regione lo tenne a battesimo quando il presidente era lui ed Errani gli fece prima da consigliere (1993) e poi da assessore (1997). Errani è approdato per la prima volta alla presidenza della Regione nel 1999, poi riconfermato nel 2000, 2005 e 2010).
Ma non tornerà indietro
Chi conosce Errani, tra Bologna e la sua Romagna scommette che lui non tornerà indietro. Proprio per il senso delle istituzioni che tutti nel partito gli riconoscono. «Non si può dubitare della sua onestà», ribadisce Bersani. Ma quel mondo non c’è più. Se quando fu rinviato a giudizio ebbe attestati di stima anche dal Pdl (anche in questi momenti gli è solidale Roberto Formigoni, a lungo suo vice alla presidenza della Conferenza delle Regioni, che Errani ora lascerà di conseguenza) e dall’Udc. Invece Forza Italia e la Lega nord avevano già chiesto le sue dimissioni quando lui, neanche un’ora dopo la condanna, ha annunciato che se ne sarebbe andato. «Intendo rassegnare subito le mie dimissioni – ha detto Errani – perché quanto subisco io personalmente non diventi fango per l’istituzione, e nel farlo rivendico il mio impegno e la mia onestà lungo tutti questi anni. E la mia piena innocenza». In primo grado era stato assolto, ora deciderà la Cassazione.
La corsa al voto
Intanto, resta il fatto politico. Un’era è finita e ne comincerà un’altra. Luigi Marino, già con Monti, già presidente di Confcooperative, rinnova stima e vicinanza a «Errani, uomo e amico». Ma c’è Beppe Grillo che scalpita, non gli bastano le dimissioni da presidente, chiede che Errani lasci anche la carica di commissario per la ricostruzione dopo il terremoto del 2012. Anche altri esponenti del M5s vogliono elezioni subito, sognando «tante stelle» nel nuovo firmamento emiliano. Ma il Pd sembra più che pronto. Grazie anche al congresso regionale (è il 5 ottobre, ma a seconda dei tempi del voto potrebbe anche slittare) il toto-successione era già in stato avanzato.
Renziani in prima fila
Per le candidature alla presidenza della Regione si parla di Stefano Bonaccini, segretario regionale uscente e responsabile Enti locali nella segreteria di Matteo Renzi, e di Daniele Manca, sindaco di Imola e presidente regionale dell’Anci, anche lui renziano della seconda ora. Poi, potrebbe correre l’ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani, renziano da sempre. Ma se così fosse dovrebbe vedersela con Matteo Richetti, ora deputato, che da presidente dell’Assemblea regionale aveva fatto da apripista a Renzi prima di tutti in Emilia-Romagna, con lui sul palco alla seconda Leopolda a Firenze. E c’è anche la voce femminile della vice presidente della Giunta Simonetta Saliera (già in quota Cuperlo), che di Errani, subito, eredita il potere di firma durante l’ordinaria amministrazione, che comincerà non appena verranno formalizzate le dimissioni del presidente.