Di Emilia Patta per Il Sole 24 Ore
L’immunità per i neo-senatori resta ben piantata nel Ddl che riforma Senato e Titolo V. Come i deputati, anche i 100 consiglieri regionali e sindaci che andranno a sedere nel futuro Senato delle Autonomie saranno “protetti” dall’articolo 68 della Costituzione: ossia l’autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza per arresto e intercettazioni.
Assente nel testo presentato dal governo il 12 marzo scorso, la copertura dell’articolo 68 della Costituzione per i neo-senatori è stata introdotta nei giorni scorsi dai relatori Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega) con l’inevitabile corollario di polemiche.
Ieri la decisione di lasciare al suo posto l’immunità rinunciando alla soluzione di demandare alla Consulta il giudizio sui casi dei parlamentari sotto inchiesta: l’emendamento Finocchiaro-Calderoli alla fine passa in commissione con il parere favorevole del governo e con il voto di Pd, Fi e Lega (solo il dissidente azzurro Augusto Minzolini si astiene).
Tolta di mezzo la questione immunità, il cammino delle riforme sembra riprendere lo slancio auspicato dal premier Matteo Renzi: sempre ieri la conferenza dei capigruppo ha stabilito che il Ddl andrà in Aula il 9 o 10 luglio. Nessun allungamento dei tempi, dunque, neanche sull’Italicum.
«La legge elettorale partirà in commissione subito dopo le riforme», assicura Finocchiaro. E il capogruppo azzurro Paolo Romani, innervosito come l’ex Cavaliere dai tentativi di dialogo sul tema tra Pd e M5S, si affretta a confermare la validità del patto del Nazareno che tiene insieme riforme e Italicum: «La settimana prossima le riforme saranno in Aula – dice Romani –: ci auguriamo che poi inizi immediatamente l’esame della legge elettorale». Naturale che Fi voglia chiudere a questo punto sull’Italicum.
Le paure degli azzurri sono due: la possibilità di un’intesa in extremis con il M5S, magari sul Mattarellum, e la possibilità di modifiche a maggioranza che penalizzino Fi (come l’eliminazione dei voti dei piccoli partiti in coalizione che non superano la soglia di sbarramento del 4,5% dal computo per ottenere il premio di maggioranza). Per questo la contropartita a Renzi in cambio della “blindatura” dell’Italicum, ossia il via libera al Ddl riforme, dovrebbe essere resa evidente già domani nella riunione con i gruppi di Fi alla quale parteciperà lo stesso Berlusconi per imporre la linea ai numerosi dissidenti favorevoli a un Senato elettivo.
E domani, giovedì, sarà con ogni probabilità anche il giorno dell’incontro tra Renzi e Berlusconi a Palazzo Chigi – prima della riunione dell’ex premier con i senatori azzurri – per blindare l’Italicum, comprese le possibili modifiche (innalzamento della soglia per accedere al ballottaggio dal 37 al 40% e uniformazione di tutte le soglie di ingresso tra il 4 e il 5%). Contatti con Fi ci sono già stati da parte del governo.
Oggi la ministra Boschi incontrerà l’Ncd dopo un faccia a faccia già avvenuto lunedì tra Renzi e Alfano. E non è un caso se Boschi porta con sé in questi giorni alcune simulazioni fatte sulla base dell’Italicum, del Mattarellum con scorporo, senza scorporo e “corretto”, del Consultellum e del Democratellum grillino. Fermo restando che la proposta grillina non assicura governabilità, le simulazioni dimostrano che l’Italicum non è affatto «il sistema dell’autoritarismo» dal momento che con i vari tipi di Mattarellum il centrosinistra avrebbe più seggi.
Da parte sua Renzi lancia indirettamente segnali rassicuranti al leader di Fi: il forno aperto con il M5S difficilmente produrrà qualcosa. Basta leggere la lettera con cui il Pd risponde alla richiesta di Luigi Di Maio di incontrarsi di nuovo (e proprio domani) dopo il primo contatto del 26 giugno. Il premier ribadisce la disponibilità al confronto ma aggiunge che la proposta del M5S, non prevedendo né ballottaggio né premio di maggioranza, non garantisce nessun tipo di governabilità.
Abilmente poi il discorso viene spostato su altri temi, Europa e immigrazione: si possono voltare le spalle all’inno ma non ai problemi, scrive il premier con riferimento ai parlamentari di Farage, augurandosi che anche su questioni di tale rilevanza si possa aprire un dibattito civile. In serata l’M5S ha risposto che «l’obiettivo è dare al Paese una legge elettorale entro 100 giorni che garantisca governabilità e stabilità», ma la sensazione è che il forno grillino si sia aperto troppo tardi.