di Angelo Perfetti
Quattro anni di stipendio da primario senza che il reparto sia mai stato aperto. E’ l’incredibile vicenda, una delle tante che negli anni hanno segnato il declino della capacità di spesa delle Regioni, riguardante la Sanità italiana. Un incarico dato ad un professionista con un profilo eccellente come chirurgo: peccato non sia mai stato messo in grado di operare proprio per la mancanza stessa della struttura; la quale, peraltro, è stata giudicata inutile dall’ultimo piano regionale della sanità del Lazio, in quanto già presenti altre strutture analoghe.
Stiamo parlando della cosiddetta “Struttura complessa di chirurgia cardiovascolare” che avrebbe dovuto vedere la luce presso l’Ospedale Umberto I a Frosinone. Un’istruttoria per un incarico quinquennale di Direzione diede esito positivo, e così le casse pubbliche hanno iniziato a versare soldi al professionista prescelto. L’input era della Direzione generale, e l’ok è arrivato col placet di tutte le strutture amministrative preposte. Ma, come hanno accertato i carabinieri del Nas, la struttura non sia mai partita. Mai nessuna visita specialistica ambulatoriale, mai nessun intervento operatorio. Eppure i soldi sono arrivati regolarmente tutti i mesi, per 4 anni, dal 2008 al 2011.
E’ paradossale quello che scrivono i giudici della Corte dei Conti nel contestare gli addebiti erariali: l’avviso pubblico per l’incarico di Direttore di una struttura complessa cardiovascolare non sarebbe mai dovuto intervenire in quanto la struttura non era preesistente, né coesistente all’assunzione e neanche fu mai istituita in prosieguo.
Soldi buttati e professionalità sprecate. L’attività del professore incaricato della Direzione del reparto, infatti, è stata radicalmente diversa da quella per cui era stato assunto: non operava e non dirigeva alcunché e, pur essendo un cardiochirurgo di spessore elevato, fu di fatto demansionato e dequalificato, venendo adibito a sporadiche attività che non giustificavano la remunerazione erogatagli per anni.
Per i giudici contabili il danno all’erario è evidente. Eppure questo è solo uno dei mille casi di gestione allegra delle finanze pubbliche, con incarichi e consulenze date senza aver fatto le opportune valutazioni di merito e di prospettiva, senza che la catena di comando e autorizzativa si ponesse il beneficio del dubbio su ciò che si stava facendo.
Stavolta però la Corte dei Conti è intervenuta, condannando l’ex direttore generale Giancarlo Zotti e altri tre dirigenti della Asl di Frosinone a pagare complessivamente oltre 250 mila euro. I soldi ingiustamente spesi per un servizio mai erogato alla collettività.