di Lino Baudo
E’ uno degli uomini più potenti d’Italia. Ugo Zampetti, segretario generale dell’amministrazione dal 1999. Uomo da 600mila euro all’anno, lordi ben inteso… Nominato dal presidente Violante 14 anni fa- sostituendo ex abrupto il segretario generale precedente, Mauro Zampini- Zampetti, vicino alla gloriosa Dc, è stato in grado di superare indenne 4 legislature, ‘sotterrando’- politicamente, s’intende- 4 presidenti.
In realtà non è tanto lo scranno presidenziale a ‘scottare’ quanto la condivisione della poltrona con il vertice amministrativo della Camera. Un vertice che esercita un potere reale: amministra, imbriglia, paralizza, soffoca fino all’apnea chiunque abbia avuto la (s)ventura di condividere la guida politico-parlamentare nel seicentesco edificio beniniano. Accanto a Violante, Bertinotti, Casini e, per ultimo, Fini, tutti ridotti all’inconsistenza, c’è stato sempre lui: Zampetti.
Pur avendo fatto ingenti tagli a causa del vento dell’antipolitica e delle crisi economica, il segretario generale gestisce un bilancio interno pari a 1 miliardo di euro con cui si pagano le spettanze agli onorevoli, gli stipendi (e che stipendi…) al personale, 1500 dipendenti dell’amministrazione cui si aggiungono circa 700 dei gruppi, che hanno uno status giuridico a parte), servizi, appalti, forniture, consulenti esterni. Insomma, il segretario generale, per le responsabilità attribuite e risorse economiche da gestire il classico “potere forte” dell’alta burocrazia dello Stato. Insomma un padreterno. Per questo, ma dovrebbe essere il contrario, il suo ruolo è ultrablindato.
Zampetti è, infatti, l’uomo più inamovibile d’Italia: fino al suo arrivo, la carica durava sette anni e per la rimozione serviva una maggioranza semplice in ufficio di presidenza. Con una modifica al regolamento del personale, Zampetti non solo è riuscito a far eliminare il limite del settennato, ma ha anche “congelato” il ruolo: oggi per rimuoverlo c’è bisogno di una maggioranza dei 2/3 in ufficio di presidenza. Un accordo trasversale dei gruppi parlamentari, lo ha reso inamovibile: nessuno (quasi) ha mai messo in discussione nelle sedi preposte il suo mandato.
Il segretario generale infatti gestisce bel tesoretto: 250mila euro come dotazione di carica per le esigenze del suo ufficio fino al 2010, poi ridotti a 100mila. Di questi soldini, nessuna rendicontazione pubblica. Si sa soltanto che 75 per cento dei 225 mila euro sono stati destinati, sempre secondo Bernardini, a “spese legali a difesa della Camera e per l’acquisizione di pareri su questioni specifiche di interesse dell’istituzione parlamentare nel suo complesso nonostante – ha osservato la radicale- la Camera sia dotata di un ufficio di Avvocatura dei più pregiati in Italia”…
Ma c’è di più: essendo la Camera dotata di autodichia, come il Quirinale, il Senato, e la Corte Costituzionale, i suoi conti sono al di sopra di ogni controllo. La magistratura contabile, insomma, non può ficcare il naso su come vengono spesi i nostri soldi. Un miliardo di euro, pari a una manovra finanziaria, gestito in piena autonomia.
Ma a vigilare, c’è il Servizio del controllo amministrativo sui controlli di legittimità e sui controlli di risultato. Il responsabile del servizio è stato per 4 anni, indovinate chi?
Ma certo, lui, Ugo Zampetti, costretto alle dimissioni nell’autunno scorso per pressione interna ed esterna. Ora quel ruolo è ricoperto dal vicesegretario generale, Guido Letta, che ha l’obbligo di controllare le spese autorizzate dal suo capo.