di Maria Luisa Di Simone
Dimmi cosa mangi e ti dirò come governi. Da sempre cibo e potere vanno a braccetto: Camillo Benso di Cavour, abile statista e raffinato gourmet, amava ricordare che “cattura più amici la mensa che la mente” (e difatti le alleanze più importanti della sua carriera le strinse a tavola); la prima grande svolta della Repubblica, il varo del centrosinistra del 1960, poteva solo avvenire a ora di pranzo, presenti da “Giggetto il pescatore” Fanfani, Saragat e La Malfa.
E arrivando alla storia più recente, dal “patto della crostata” stretto nel 1997 tra D’alema, Fini, Berlusconi e Marini a casa Letta al frugale pasto delle sardine chez Bossi, che sancì il ribaltone del 1994, gli esempi sono tanti.
La milza di Grillo
Ora, con Grillo che promette di “cambiare il mondo”, i ristoranti, soprattutto quelli romani, smetteranno di essere quella naturale appendice del Palazzo che sono sempre stati? A sentire i ristoratori, tutto continuerà come prima. Intanto, sbirciando tra le abitudini dei leader, abbiamo scoperto che in materia di gola ognuno ha un vezzo. E persino Monti, che applica le politiche di austerity anche a tavola, custodisce un piccolo peccato.
Cominciamo dal ciclone Grillo. Quando ancora parlava con i giornalisti, durante la campagna per le regionali siciliane, il è rimasto colpito da una delle specialità palermitane più famose, il “Panì ca’ meusa” (panino con la milza). Il leader del M5S lo ha assaggiato a Palermo e ne è rimasto estasiato: “lo digerisci dopo due giorni ma è straordinario”. Più abitudinari il segretario del Pd Bersani e il sindaco di Firenze Renzi, che per il pranzo riparatore di inizio anno hanno scelto il ristorante romano “Il Grano” (molto frequentato dalla leadership Pd). I due hanno ordinato polpettine di brasato e vino rosso, assicura il titolare Saverio Crescente.
Ma veniamo a Monti. Il premier dimissionario non ama gli eccessi e anche a tavola si mantiene leggero. Tra i menù preferiti, spiegano da “In Tavola”, catering campano che spesso si occupa delle sue colazioni di lavoro, c’è quello mediterraneo: pesce, mozzarella, carni leggere e molte verdure. “Monti non ama piatti elaborati né pranzi luculliani – dice una collaboratrice del titolare Emidio Trotta. L’unica trasgressione è il dessert, ma alla frutta: in particolare il gelato al limone. Una volta, però, gli abbiamo preparato il Mont Blanc: non l’aveva ordinato ma l’ha molto apprezzato”.
Diverse le abitudini di Berlusconi, amante della tavola ricca. Sono noti i menù tricolori, un must per le occasioni speciali dell’ex premier. Lo sanno bene il cuoco personale Michele e i titolari dei suoi ristornati preferiti. “Berlusconi viene spesso con Galliani e Allegri – racconta Lorenzo Tonetti del Giannino, storico ristorante milanista – e sceglie quasi sempre i primi tricolori: pasta al pesto, risotto alla parmigiana e pasta al pomodoro. Banditi cipolla, aglio e peperoncino. Riguardo al dessert è un goloso di gelato e anche qui i gusti riproducono i colori della bandiera italiana: pistacchio, vaniglia e fragola-lampone”.
Le mozzarelle di Vendola
Che dire degli altri leader? Vendola, assicura l’amico e collega di partito Dario Stefano, “preferisce i latticini, in particolare le mozzarelle e la burrata”, mentre Casini, dicono dal villaggio Serra degli Alimini di Otranto dove il leader UDC va in vacanza da oltre 15 anni, “va pazzo per la frisella pugliese con pomodorini freschi e rucola”. D’Alema è un habitué di Gallipoli dove ha casa: “da noi viene a settembre – racconta Lucia Russo, titolare del ristorante “Il Bastione” – adora gli scampi e i gamberoni crudi, la tartare di tonno, i paccheri al sugo di triglie e l’aragosta alla catalana. Per dolce ordina la nostra bocca di dama o la millefoglie con crema pasticcera”.
Il parmigiano di Fini
E il più illustre dei “trombati” di queste elezioni politiche (così l’ha definito la presidenza del Consiglio, sul proprio sito internet), come si consolerà dall’inaspettata débâcle?
Da “Alfredo alla scrofa”, frequentato dal leader FLI fino a qualche tempo fa, assicurano che ama i piatti leggeri. Fa eccezione il parmigiano: “lo mangia a pezzi – rivelano – sia a pranzo che a cena”. Se dei pasti consolatori di Fini non c’è certezza, di sicuro sappiamo che cosa mangerà il suo staff. In attesa del licenziamento ufficiale (dopo il risultato disastroso la sede nazionale va verso la chiusura), il 2 marzo i dipendenti di via Poli si sono portati via qualche forma di parmigiano. “Per aiutare le aziende terremotate erano state acquistate delle forme danneggiate dal sisma emiliano – ha spiegato uno di loro con un sorriso amaro – almeno avremo qualcosa da mettere a tavola, un contentino”.