di Leonardo Rafanelli
“Lasciate la città o verrete colpiti con armi ad alta precisione”. È durissimo l’ultimatum delle autorità di Kiev ai ribelli di Donetsk, e il chiarimento dato all’agenzia russa Ria Novosti dal portavoce del governo ucraino Vladislav Seleznyov non lascia spazio a dubbi: “Resa o morte”. L’unica apertura potrà avvenire nei confronti dei miliziani che saranno disposti a deporre le armi: a loro, ha spiegato Seleznyov, sarà garantita la sicurezza. Ma il vicepremier ucraino, nel frattempo, annuncia che l’operazione militare contro i separatisti dell’est non si fermerà “finché sul territorio non rimarrà neanche un singolo terrorista”. Con questo termine, infatti, le autorità di Kiev indicano i filorussi armati.
La guerra civile, quindi, sembra non trovare tregue di sorta. Nemmeno le elezioni presidenziali, che due giorni fa hanno sancito la vittoria del magnate del cioccolato Petro Poroshenko, sono riuscite per il momento calmare la situazione. Anzi, il neo presidente ha dichiarato di voler portare avanti la campagna militare contro i filorussi in maniera “più efficiente” e nel periodo di tempo più breve possibile. A Donetsk, intanto, il conflitto si è fatto sempre più duro e il bilancio delle vittime più pesante: fonti mediche parlano di 30 morti, senza specificare se si tratta di civili o miliziani, ma secondo i responsabili dell’autoproclamata Repubblica popolare (Dnr), le vittime sarebbero almeno cento. “E la metà sono civili”, ha precisato il leader Denis Pushilin, aggiungendo che per il momento è impossibile recuperare i cadaveri a causa del tiro continuo dei cecchini. Gli scontri però non si fermano, tanto che a Donestk è stato emanato un ordine di evacuazione per i civili in alcune aree specifiche, comprese quelle vicine al palazzo dell’amministrazione ribelle.
A ferro e fuoco
La città, in effetti, è nel caos. Secondo l’emittente Russia Today, è stata completamente circondata dai militari ucraini che hanno bloccato le vie di accesso e di uscita. Una dura battaglia è stata combattuta per il controllo dell’aeroporto, finito nelle mani dei filorussi dopo un blitz e adesso, secondo il governo ucraino, riconquistato dalle autorità locali. Ma duri scontri a fuoco si sono verificati in tutta la zona. Anche il palazzetto per l’hockey sul ghiaccio, che avrebbe dovuto ospitare i campionati del mondo del 2015, è andato distrutto dopo l’incendio appiccato da un gruppo non identificato di uomini armati.
Tensioni internazionali
La situazione nell’area appare sempre più difficile da gestire anche per osservatori e attori internazionali. Una unità dell’Osce è “scomparsa”, e dalla serata di lunedì non si hanno più contatti con essa. Nel gruppo, destinato a una missione speciale di monitoraggio, ci sono quattro membri internazionali provenienti da Turchia, Estonia, Svizzera e Danimarca. Secondo il ministro degli Esteri estone Urmas Paet, potrebbero essere stati catturati proprio al confine tra le regioni di Donestk e Lugansk. “Stiamo facendo tutto il possibile – ha dichiarato – usando contatti locali”. Hanno lasciato invece l”obitorio di Sloviansk le salme del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e del suo interprete russo Andrei Mironov, che nella zona hanno perso la vita. La salma del giornalista italiano sarà trasferita a Kiev, dove si trovano i familiari. E per la vicenda, al premier Matteo Renzi è arrivato in una telefonata il cordoglio di Vladimir Putin. Nel corso della conversazione, inoltre, il presidente russo ha chiesto che le autorità di Kiev fermino l’operazione militare, per avviare un dialogo con i leader delle regioni russofone e cercare una soluzione alla crisi. Una prospettiva che di fronte ai fatti degli ultimi giorni appare decisamente lontana.