di Alessandro Banfo
Sentenza shock al Cairo. Il tribunale egiziano di Minya in Alto Egitto ha condannato a morte 683 militanti dei Fratelli musulmani fedeli al deposto presidente Mohamed Morsi, tra cui la guida spirituale Mohamed Badei. E’ stato invece deferito il caso al Gran Mufti d’Egitto, nell’ambito del processo contro oltre 1.200 sostenitori della Confraternita. La stessa corte ha commutato in ergastolo la pena capitale a 492 pro Morsi dei 529 condannati a marzo. Per 37 di loro è stata invece confermata la pena capitale.
La condanna, pesantissima, arriva in seguito ad accuse assolutamente “leggere”. La maggior parte delle persone è stata infatti processata per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate avvenute lo scorso dicembre nella zona di Minya.
I sostenitori di Morsi avrebbero, secondo i giudici, istigato alla violenza, incendiato diversi edifici pubblici e creato problemi alla circolazione stradale.
E dopo questa sentenza spropositata è ripresa al Cairo l’udienza del processo a un gruppo di giornalisti della tv satellitare Al Jazeera, accusati di sostegno ai Fratelli musulmani e diffusione di notizie false.
La situazione, insomma, è sempre più incandescente, con la magistratura che sta usando il pugno duro.
Il tribunale degli Affari urgenti del Cairo ha dichiarato fuorilegge il Movimento 6 Aprile, il più importante della rivolta contro l’ex presidente Hosni Mubarak. L’autorevole corte ha chiesto al presidente ad interim egiziano Adly Mansour, al premier Ibrahim Mahlab, al ministro dell’Interno Mohamed Ibrahim, al titolare della Difesa, il generale Sedki Sobhi e al procuratore generale Hisham Barakat, di vietare tutte le attività politiche del Movimento del 6 Aprile, la chiusura dei suoi uffici e l’organizzazione di dibattiti e manifestazioni.
Il gruppo sarebbe accusato di spionaggio e di aver commesso atti che hanno danneggiato l’immagine dello Stato egiziano. I leader della formazione sono in carcere da quasi sei mesi e sono stati condannati in appello a tre anni di prigione.