di Giovanna Tomaselli
Dopo due anni di fallimenti, l’Italia cambia strategia per riportare a casa i suoi marò trattenuti – o sequestrati se preferite – dal governo indiano. A fare l’annuncio è stata ieri il ministro degli Affari esteri, Federica Mogherini, in audizione al Senato. “Abbiamo deciso di far rientrare a Delhi l’ambasciatore italiano, Daniele Mancini per seguire la nuova fase decisa dall’Italia sul caso con l’avvio della procedura internazionale, ha detto a sorpresa il ministro.
Spazio a figure nuove
Così durante l’audizione in Senato, il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, annunciando che per la soluzione del caso dei due marò (detenuti in India in attesa del processo per l’accusa di omicidio di due pescatori durante un’operazione anti-pirateria) si apre la procedura internazionale. Per questo finisce pure il ruolo dell’inviato speciale Staffan De Mistura, che ora sarà sostituito da un collegio di esperti. Per la Mogherini servono infatti figure nuove, e per questo il governo definirà a breve un collegio di esperti, sotto la guida di un coordinatore, per seguire questa nuova fase.
Strategia comune
Anche il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervenendo alla stessa audizione ha sottolineato che si tratta di una “precisa strategia condivisa con il Parlamento che poggia sull’internazionalizzazione della vicenda”. Trattenere due militari per oltre due anni è inaccettabile – ha aggiunto il ministro – sia per l’Italia che per i nostri partner internazionali dai quali finalmente abbiamo ottenuto il sostegno per la soluzione della vicenda. Il ministro ha ribadito da parte italiana il rifiuto della giurisdizione indiana. “A oltre due anni dall’incidente, a fronte di un atteggiamento indiano dilatorio ed evasivo, manca ancora un atto di accusa”, è stato ricordato dal ministro, secondo cui i due marò erano tutelati dalla immunità funzionale, in quanto si tratta di militari che stavano svolgendo il loro compito in missione. Dunque il giudizio in India non è una strada percorribile.
Parla l’ex ministro
Sulla vicenda è intervenuto anche l’ex ministro degli Affari esteri Giulio Terzi di Sant’Agata. ”La soddisfazione per le nuove prospettive che – con questa svolta del Governo Renzi – si aprono sul caso di Massimiliano La Torre e Salvatore Girone, è tangibile: seppure con un anno di ritardo, dopo l’inaccettabile dietrofront del Governo Monti e dopo l’assurda inerzia del Governo Letta, finalmente si prende atto che l’unica strada percorribile è l’attivazione di un Arbitrato Internazionale con l’internazionalizzazione del caso. Come ho sostenuto con chiarezza in oltre quarantacinque occasioni pubbliche di dibattito sul dossier Marò negli ultimi 12 mesi, rimandarli in India a marzo 2013 è stato un vero e proprio tradimento dell’interesse nazionale, come anche è stato folle perdere tempo con dichiarazioni inconcludenti e un nulla di fatto nell’ultimo anno: ora è necessario persistere con fermezza sulla strada dell’Arbitrato obbligatorio, con un collegio di esperti competenti e determinati, raccogliendo il massimo consenso possibile tra i nostri partner internazionali, e contestando totalmente la giurisdizione indiana, non c’è altra strada. Mi dimisi dal ruolo di Ministro degli Esteri – ha proseguito Terzi – in dissenso sulla linea del Governo di allora, ma soprattutto perché a mio avviso vi sono valori che non sono negoziabili, e uno di questi è la dignità delle nostre Forze Armate: grazie alla difesa incondizionata di questi valori, i nostri due ragazzi dovranno rientrare a casa”.