Proposta epocale da Berlino.
Il consiglio dei ministri del governo Merkel ha adottato una legge che impone il salario minimo a livello nazionale, che si applicherà a tutte le categorie di lavoratori a partire dal 2017. “È fatta”, ha dichiarato una fonte governativa al termine della riunione dei ministri a Berlino, riferendosi al “mindestlohn”, ovvero la paga di 8,50 euro lordi all’ora che sarà introdotta gradualmente per tutti i lavoratori tedeschi. L’introduzione del salario minimo è stato il cavallo di battaglia della Spd, il partito che fa parte del Governo di Grosse Koalition guidato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel (Cdu).
Il salario minimo entrerà in vigore in Germania il primo gennaio 2015, sebbene sia previsto un periodo di transizione per alcuni settori. Entro il 2017 riguarderà tutti i lavoratori tedeschi, eccetto i minori di 18 anni, gli stagisti e i disoccupati di lunga durata. La legge sul “mindestlohn” dovrà ora essere approvata dai deputati del Bundestag, la camera bassa del Parlamento tedesco, e anche dal Bundesrat, la camera alta, ma entrambi i passaggi non dovrebbero rappresentare un problema. L’introduzione di un salario minimo in Germania è un passo rivoluzionario, in un paese che storicamente ha sempre lasciato le parti sociali negoziare i salari in autonomia.
Nelle ultime settimane la Bda, la Confindustria tedesca, aveva criticato la misura, ritenendola un vero freno al mercato del lavoro per i più deboli, per esempio per i lavoratori di lungo termine e per chi non ha mai lavorato, e perché ingiusta a livello nazionale, con i salari nell’ex Ddr al momento ancora inferiori a quelli dell’ex Germania ovest. Il “mindestlohn”, con un consenso tra i tedeschi che sfiorava l’80%, è stata la condizione sine qua non per convincere i socialdemocratici a entrare nel governo di grande coalizione, con la cancelliera e il suo partito conservatore che avrebbero preferito una contrattazione per categoria affidata ai singoli lander.