di Angelo Perfetti
Dai sorrisetti ironici dell’Unione europea al sorriso aperto di Obama, dall’intransigenza tedesca all’incoraggiamento americano. Matteo Renzi nel giro di pochi giorni passa da un sostanziale isolamento all’opportunità di far tornare l’Italia al centro dello scacchiere internazionale. La benedizione del presidente degli Stati Uniti è stata evidente, ma condizionata a un passaggio formale dell’Italia rispetto agli impegni presi con l’America. E Renzi si è trovato di fronte ad un bivio: da una parte la richiesta dell’Europa di restare dentro al vincolo del 3% tra Pil e deficit, dall’altra quella americana di non derogare dal 2% di investimenti per la sicurezza. Un capitolo che vede in ballo anche i cacciabombardieri F-35, una commessa totalmente in mano alla statunitense Lockheed. Renzi ha scelto la seconda strada: gli impegni saranno onorati “nel rispetto della collaborazione. Provvederemo a verificare i nostri budget”. In parole povere: troveremo i soldi. Sul fronte internazionale, Obama chiede un ricompattamento forte della Nato e dei rapporti Usa-Ue dal punto di vista politico, economico e militare. La strada maestra è quella della diplomazia, ma l’ipotesi che le guerre del futuro potessero essere combattute solo sul piano finanziario si sono rivelate, a oggi, un’illusione. Obama ha chiesto all’Italia di avere un ruolo più forte in quel “mare nostrum” dove la geografia e la storia assegnano all’Italia un ruolo particolare. Ha spinto l’Europa a seguirlo sulla via della sanzioni e della difesa dei principi e dei valori che sono alla base della costruzione delle democrazie moderne, ha sostenuto i leader europei, ha promesso che gli Usa saranno al loro fianco non solo in maniera simbolica ma anche con l’energia dello shale gas americano se il gas e il petrolio russo dovessero smettere di arrivare.
L’orizzonte italiano
La due giorni europea del presidente degli Stati Uniti segna dunque il ritorno a una centralità della Nato che da qualche tempo sembrava appannata. E l’Italia, in questa chiave, diventa fondamentale per i suoi rapporti con Grecia e Albania, con Libia e Algeria (quest’ultima peraltro fino a oggi ha sottoprodotto gas per una precisa scelta politica interna, ma potrebbe fare molto di più), per la sua fedeltà nello scacchiere internazionale (va ricordato come ai tempi del ministro Terzi il governo Berlusconi fu estremamente veloce a rispondere alla richiesta statunitense di aumentare l’impegno in Afghanistan) e per la sua capacità di dialogare anche con la Russia. Non avremo materie prime, ma possiamo comunque dire la nostra in campo internazionale. Dietro il tour tra Quirinale, Palazzo Chigi e Colosseo c’è tutto questo.
Il piano di Renzi
“L’Italia deve iniziare a fare sogni più grandi di quelli fatti finora”, “dobbiamo smettere di considerarci una Cenerentola”. Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in un passaggio della conferenza stampa congiunta con il presidente Usa, Barack Obama a Villa Madama, disegna il ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale. Ad esempio, nel caso della crisi russo-ucraina, “usciamo da questa subalternità culturale per cui sembra che la nostra posizione debba essere dettata da un mero calcolo di natura economica. I dati che noi abbiamo di fronte a noi nella vicenda ucraina non sono ispirati da una valutazione di natura economica”. Nel contempo, Renzi ha ribadito che “l’Italia non ha alibi, non deve pensare che i propri problemi e le proprie opportunità vengano da fuori”. E “sulle riforme si giocherà il nostro Governo e la nostra credibilità nei prossimi quattro anni”. Poi la stoccata alla Ue: “Ha bisogno di più attenzione sui temi della crescita e meno attenzione sui temi della burocrazia”. Infine un richiamo agli investitori stranieri a credere nell’Italia.
L’ok degli Stati Uniti
E il premier, dopo le rassicurazioni sull’unità d’intenti Ue-Usa, incassa l’ok di mr. President: “Rimango colpito dall’energia e dalla visione che Matteo porta con sé in questo nuovo incarico”, ha sottolineato il presidente americano, che ha ricordato i “legami storici molto forti tra Usa e Italia” e, dopo aver ascoltato le idee e le proposte di Renzi per far uscire il suo Paese dalla crisi, le ha accolte positivamente: “Renzi – ha detto – ha individuato il percorso di riforme di cui l’Italia ha bisogno per crescere e rendersi competitiva. Sono fiducioso che attraverso queste riuscirà a portare avanti l’Italia, l’Italia è pronta ad andare avanti”.
Già dimenticata la leadership di Washington
“L’Italia è sempre stata un partner affidabile”, ha detto il presidente statunitense, che si è mostrato “impressionato dalla leadership del premier”. Parole di Barack Obama, ma chi pensasse siano quelle espresse per Renzi sbaglia di grosso. Già, non sono dichiarazioni di ieri mattina, ma risalgono allo scorso ottobre 2014, quando Letta andò in visita alla Casa Bianca. Nessuno dice che Obama non nutra sincera stima per Renzi, ma certo il canovaccio delle dichiarazioni della Casa Bianca sembrano un copione scritto a tavolino buono per ogni incontro ufficiale. Entusiasmarsi troppo per le manifestazioni di stima sull’attuale premier, dunque, potrebbe essere un clamoroso abbaglio. Al prossimo presidente del Consiglio sarà riservato lo stesso trattamento. D’altronde sono gli Stati Uniti d’America che parlano all’Italia, mica Barack a Matteo.