di Angelo Perfetti
Il Cavaliere fa trapelare l’ipotesi di elezioni tra un anno, Alfano punta i piedi e parla di criticità; in mezzo i discorsi sul ministero della Giustizia, sul dicastero dell’Economia. Un universo di dichiarazioni che girano intorno a un solo, unico terreno di scontro: la legge elettorale. Perché il vero scoglio di Renzi oggi è andare a scoprire le carte sul tavolo da gioco dove finora è riuscito a far mettere seduti sia Alfano (come maggioranza critica) sia Berlusconi (come opposizione dialogante). Né carne né pesce: non può durare all’infinito. Il Cavaliere ha firmato un patto elettorale nel quale è segnata la fine del Nuovo centrodestra, Alfano garantisce un appoggio a condizione che si ridiscuta il tutto. Renzi, che pure ha passato di slancio le forche caudine all’interno del proprio partito, rottamando la nomeklatura, azzerando le correnti e asfaltando il premier del Pd, rischia ora di impantanarsi dall’altra parte; trovarsi in mezzo alla guerriglia del centrodestra mentre i contendenti sparano bordate non è esattamente il massimo per augurarsi lunga vita. Soprattutto poi con l’esigenza di scrollarsi di dosso un alleato, per evitare che l’immagine del precedente governo (Letta-Alfano) trasformi in un deja-vu il nuovo. L’obiettivo resta durare. Perché, checché se ne dica, è comunque la sopravvivenza della specie (politica) ciò che interessa di più ai parlamentari. Altro che rinnovamento. E l’ennesima riprova è l’approvazione dell’abolizione del finanziamento pubblico; che non solo in realtà fa in modo di spostare eventuali prebende nell’alveo delle Fondazioni che un po’ tutti si stanno facendo (o hanno da tempo) ma addirittura prevede la Cassa integrazione per i dipendenti degli stessi partiti a fronte di un settore del commercio – linfa del tessuto italiano – che, pur morente, non ha mai avuto uno straccio di aiutino. Renzi vorrà pure cambiare le cose, ma anche se fosse sembra di asssistere a una partita tutti contro uno.