di Lapo Mazzei
Se provi a raccontare al telespettatore medio, tanto immaginario quanto la casalinga di Voghera, soggetto regnante in tutti i manuali di giornalismo ma inesistente nella realtà, che la tv di oggi e figlia delle intuizioni di Giovanni Minoli, come minimo ti becchi in sorrisetto beffardo. E sì, come no. Il problema è che in pochi ricordano bene questo signore della tv, con quell’aria un po’ così, adottata ai dei tempi d’oro quando flirtava con Bettino Craxi and company. E per quanto il dottor Minoli – coniuge della potente famiglia catodica dei Bernabei – non sia troppo sinonimo di dottor Simpatia, e ancor meno di dottor Modestia, c’è comunque da riservargli un applauso non da poco. Anzi da tanto, proprio. Merito suo, infatti, se la televisione di questi ultimi anni ci ha regalato un prodotto come “La storia siamo noi”. Insomma il dottor Minoli è uno che la televisione la sa fare. Anzi l’ha fatta. Ai tempi di Bettino regnante il giornalista conduttore aveva messo un su un prodotto, passato poi alla storia, come Mixer. Era una trasmissione incalzante, dal ritmo serrato e dalla narrazione forte. Come richiedevano i tempi.
Il Momento topico, però, era il faccia a faccia con l’ospite forte, il personaggio numero uno del momento, il politico più amato e chiacchierato dal popolo televisivo. Ma non solo, perché il faccia a faccia era seguito da tutti. Una formula vincente insomma. E proprio perché in televisione niente è più nuovo del vecchio, soprattutto quando è collaudato, Giovanni Floris, conduttore di Ballarò su Rai Tre, ha pensato bene di rifarsi a quella lezione per insegnare alla concorrenza come. E siccome anche il giovane Floris non va a braccetto con la signora Modestia e la signorina Simpatia, il giornalista di Rai Tre ha pensato bene di riesumare il format del faccia a faccia, mettendo davanti a se il politico di turno.
Domande incalzanti, ritmo serrato, narrazione forte. In poche parole Floris si è minolizzato e Ballarò è diventato un clone di Mixer. Dove i politici di turno, ma non solo loro, hanno iniziato a fare la fila per andare a farsi intervistare. L’ultima puntata ha offerto un esempio illuminante con la presenza in studio di Matteo Renzi, sindaco di Firenze e faro del Pd, attorno al quale stanno navigando i capitani coraggiosi del partito, privi di rotta. Un’apotesi: 5 milioni e 353mila telespettatori, pari ad uno share del 19,93%. Con tutta probabilità frutto proprio di quel faccia a faccia. Ma il tratto che rende Floris la fotocopia di Minoli è dato dal modo di fare l’intervista. Il conduttore di Mixer, all’epoca l’etere era meno intasato e la tecnologia non ancora così esasperata, aveva messo a punto un modo tutto suo di interrogare gli ospiti, L’uno di fronte a l’altro con un stacchi continui delle telecamere, in modo da riprendere intervistato e intervistatore, senza soluzione di continuità. Ecco, Floris, fa la stessa cosa. Lo ha fatto con Silvio Berlusconi e con Renzi. E lo farà ancora. Insomma si è minolizzato. Solo che Minoli aveva Craxi. A Floris manca ancora il suo Craxi. Ma dategli tempo che arriverà..