di Clemente Pistilli
Questa volta non hanno sparato sulla Croce Rossa. E quei colpi che hanno tirato li hanno dovuti tirare per forza, trovandosi davanti a una Croce sempre più rossa di debiti. I giudici della Corte dei Conti hanno ultimato i controlli sulla gestione finanziaria della Cri nell’esercizio 2012 e, nonostante abbiano notato dei cambiamenti positivi nel risanamento della struttura dopo il commissariamento, il buco registrato è notevole. Tocca i 15 milioni e mezzo di euro. E tutto per un apparato elefantiaco, dove la gestione virtuosa del Comitato centrale non riesce a mettere pezze sufficienti a quella nave costituita dalle articolazioni locali, che imbarca acqua da tutte le parti.
La patologia principale
Il conto consuntivo è stato approvato dalla Croce rossa italiana nei termini di legge, a livello regionale è stata creata un’unica tesoreria, a livello centrale la gestione si è conclusa con un avanzo di 3,4 milioni di euro, ma il debito delle strutture regionali e locali dell’associazione è troppo grande. Ecco così che il disavanzo totale segna 15,4 milioni di euro. Tanti debiti, troppi e troppo cresciuti. La causa principale? I giudici non hanno dubbi: “Persistono e si incrementano i disavanzi degli uffici delle Regioni Lazio e Umbria, determinati principalmente dai comitati provinciali di Roma, Latina e Perugia”. Non a caso tutte le articolazioni territoriali, fatta eccezione per la Valle d’Aosta, le Marche, l’Umbria, il Molise e la Sicilia, hanno chiuso con il segno meno (vedi tabella a lato). Hanno registrato in un anno il 28,1% di più di perdite, per un totale di 17,7 milioni. E la struttura così come è concepita non aiuta. “La notevole complessità organizzativa e gestionale – specifica la Corte dei Conti nella relazione trasmessa alle Camere – conseguente all’esistenza di circa 600 comitati con propria autonomia di bilancio, determina ancora alcune discrasie gestionali derivanti principalmente dalla mancanza di figure professionali adeguate”. Le entrate totali sono state poi di 636,5 milioni (-9,8%) e non sono riuscite a coprire le uscite, che hanno raggiunto quota 652 milioni, nonostante le uscite siano diminuite del 9,4%. Diminuito il valore della produzione dell’8,8%, irrisolto il contenzioso con la Sicilia servizi emergenza e sempre in perdita molte convenzioni per il servizio 118, quelle che dovrebbero invece portare ricchezza alla Cri.
I lavoratori
Altra piaga è poi quella del personale. L’associazione presieduta da Francesco Rocca al 31 dicembre 2012 aveva in servizio 4.030 unità, con costi aumentati del 27,2%. Ma soprattutto non ha risolto il problema dei militari (830 in servizio continuativo e 329 in servizio temporaneo), che per legge dovrebbero transitare in un ruolo ad esaurimento nell’ambito del personale civile della Cri. Il nodo non è stato sciolto e il risultato è che, stando alle ultime indiscrezioni, si dovrebbero salvare soltanto 300 militari, mentre 1.200 rischiano seriamente di finire a casa. Sempre difficile la situazione della Croce Rossa. E ora il cerino è in mano al Parlamento.