di Stefano Sansonetti
Che il suo movimento “politico” fosse nell’aria non era certo una novità. Finora è invece rimasto sottotraccia il primo investimento che Corrado Passera, ex ministro dello Sviluppo del governo Monti, ha effettuato da quando ha lasciato il dicastero. E soprattutto sono rimasti finora nell’ombra i compagni di viaggio nel nuovo business, alcuni dei quali molto vicini al nuovo segretario del Pd Matteo Renzi. Il che fa capire come l’ex capo di Intesa Sanpaolo, pronto a lanciare la sua proposta politica sotto lo slogan “Si può”, in realtà si sia già abbondantemente avvicinato alla sponda renziana attraverso canali economici. Lo strumento scelto dall’ex ministro si chiama Club Italia Investimenti 2 spa. Si tratta di un incubatore, in pratica una società che investe in start up innovative, di cui Passera ha da poco rilevato il 10,08% del capitale, per il valore di 200 mila euro. E qui si pone una prima questione che nelle scorse settimane ha fatto discutere non poco.
Il nodo
Si dà infatti il caso che l’ex banchiere, da ministro, abbia contribuito a predisporre il “decreto crescita 2.0”, tra le cui norme ci sono diversi incentivi fiscali proprio a chi investe in start up. Un’ipotesi di conflitto d’interessi? Formalmente no, perché la legge Frattini del 2004, scritta all’epoca per non creare troppi problemi all’allora premier Silvio Berlusconi, stabilisce che un ministro deve aspettare un anno dalla cessazione del suo mandato prima di ricoprire cariche o esercitare compiti di gestione in società “che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta” in precedenza. Passera, che ha smesso di fare il ministro il 28 aprile del 2013, è dunque salvo, perché anche se è passato meno di un anno, si è limitato “soltanto” a investire in una società dove non ha cariche gestionali. Ciò non toglie che si ponga come minimo un caso di opportunità della scelta dell’ex ministro, visto che lui stesso ha scritto norme per il settore nel quale adesso è entrato. Di più, perché nel capitale della Club Italia Investimenti 2, con un altro 10%, c’ è anche un incubatore che si chiama H-Farm Italia. Dietro c’è Riccardo Donadon, imprenditore che lo stesso Passera aveva chiamato al ministero in una task force proprio per studiare agevolazioni alle start up. Insomma, l’operazione dell’ex ministro di fatto rappresenta una vicenda simile a quella già raccontata da La Notizia (vedi il numero dell’11 gennaio 2014) a proposito di Leonardo Senni, ovvero l’ex capo Dipartimento energia dello stesso ministero dello Sviluppo che recentemente è passato a guidare la società privata Ariston Thermo. Con il piccolo dettaglio che l’azienda in questione produce caldaie il cui acquisto è incentivato fiscalmente proprio da provvedimenti “lavorati” dallo stesso dipartimento fino a poco tempo fa guidato da Senni.
I compagni di viaggio
Tra l’altro l’investimento di Passera in Club Italia Investimenti 2, i cui contorni erano stati rivelati da MilanoFinanza, fa emergere anche la rete di relazioni che l’ex ministro sta rafforzando con gli ambienti renziani. Nel capitale dell’incubatore, con il 14,6%, c’è infatti la Tdb srl, ovvero una società che a sua volta fa capo al 46% a Paolo Barberis. Di chi parliamo? Semplice di un imprenditore molto vicino a Matteo Renzi, anzi di un suo vero e proprio supporter. Lo stesso Renzi, circa un anno fa, ha visitato la sede di Nanabianca, un “acceleratore” fiorentino di imprese, ottenendo un’accoglienza a dir poco calorosa da parte di tutto lo staff. Non a caso Nanabianca è richiamata anche nel sito internet di Club Italia Investimenti 2, in una prospettiva di sinergie. L’acceleratore, infatti, opera selezionando le start up innovative e offre loro la possibilità di trovare finanziamenti. Occasione che poi viene sviluppata da un incubatore come Club Italia Investimenti 2, il quale tra l’altro può anche investire direttamente rilevando quote tra il 10 e il 15%. Su tutto questo, adesso, Passera ha messo il suo cappello, all’interno di un percorso con il quale punta al grande rientro in scena.