di Stefano Sansonetti
Un rapporto con il Fisco che definire controverso sarebbe un pallido eufemismo. Così controverso che oggi Sergio Scarpellini, il proprietario di gran parte degli immobili al centro di Roma affittati a Camera e Senato, è sommerso da debiti tributari che valgono la bellezza di 100 milioni e 381 mila euro. Una montagna all’interno della quale si nascondono tasse ancora non pagate che risalgono al 1993, rate non correttamente saldate, addirittura quote dei vari condoni edilizi e tombali che, nonostante siano passati più di 10 anni, il palazzinaro della casta non “riesce” ancora a saldare. Non c’è niente da fare, se si fa un giro nell’ultimo bilancio approvato dalla Milano 90, la società di Scarpellini titolare dei contratti con le varie istituzioni pubbliche, si ha quasi l’impressione di trovarsi in un girone dantesco. E questo, naturalmente, in riferimento a un imprenditore che dallo Stato ha avuto tanto, ma non sembra aver altrettanto dato. Diciamo subito che il mattone detenuto da Scarpellini, custodito nella pancia della sua società, al 31 dicembre del 2012 valeva la bellezza di 1 miliardo e 200 milioni di euro. Una cifra incredibile, soprattutto se paragonata al valore degli stessi identici immobili risultante a fine 2007, ovvero 494 milioni di euro.
Il regalino di Tremonti
Come ha fatto, l’immobiliarista, quasi a triplicare il valore del suo mattone? Semplice, grazie al dl 158/2008, un decreto predisposto dall’allora ministro dell’economia, Giulio Tremonti, che intendeva andare incontro alle imprese consentendo una rivalutazione ai prezzi di mercato dei loro cespiti. Con il senno di poi quello di Tremonti è stato un bell’aiuto per Scarpellini. La sua società, infatti, da metà anni ‘90 a oggi ha contratto un’infinità di mutui ipotecari con le banche per acquistare i vari immobili. Al punto che, ancora a fine 2012, i suoi debiti nei confronti del sistema bancario ammontavano a 437 milioni di euro. Quasi la stessa cifra che, in 18 anni, la Milano 90 ha incassato dallo Stato per gli affitti. Un debito, questo, che ha anche effetti collaterali di non poco conto. Come i 6,8 milioni che la società ha dovuto accantonare in un apposito fondo per far fronte alla perdita potenziale derivante da un contratto derivato sottoscritto a copertura di un mutuo residuo con la banca tedesca Aareal. Insomma, tutte queste fibrillazioni si sono ripercosse sulle performance di bilancio. A fine 2012, infatti, i ricavi della Milano 90 sono scesi rispetto al 2011 da 76 a 63 milioni. E quasi tutti vengono dagli affitti dei palazzi a Camera, Senato e alle altre istituzioni (ricavi diminuiti, nello specifico, da 54 a 46 milioni). Anche il risultato di esercizio ne ha risentito. Da un utile di 7 milioni si è arrivati a un rosso di 508 mila euro.
Braccio di ferro con Befera
Accanto ai debiti bancari, come detto, spuntano 100 milioni e 300 mila euro di debiti tributari. Qui dentro c’è davvero di tutto: 19,9 milioni di debiti per il saldo dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione degli immobili di “tremontiana” estrazione, 5,2 milioni per interessi di mora su rateizzazione delle imposte, 4,7 milioni per sanzioni sulla rateizzazione delle imposte, 5,6 milioni per Ici pregressa relativa alle annualità 93-96, 97-99, 2004-2005, 2009, 2010, 2011 e 2012. Si aggiungono 712 mila euro per un condono ancora da saldare per imposte dirette e Iva dal 1997 al 2002 e 39 mila euro per un condono edilizio su un immobile a via Flaminia. E pazienza se dalle varie sanatorie siano ormai passati più di 10 anni. Così l’Agenzia delle entrate di Attilio Befera ed Equitalia spesso e volentieri aspettano pagamenti risalenti nel tempo. Tra l’altro nel patrimonio immobiliare della Milano 90 non ci sono solo gli immobili affittati alle istituzioni pubbliche. Risultano anche 59 appartamenti destinati a usi abitativi a Roma, una villa con giardino sempre nella capitale e 3 appartamenti ad Anzio.
Costosi equini
Continua senza sosta anche la passione di Scarpellini per i cavalli. La premessa è che al 31 dicembre 2012, ultimo dato disponibile, la Milano 90 vantava partecipazioni in società controllate per 30 milioni di euro. Ma il valore corrisponde fondamentalmente alla partecipazione detenuta nell’Allevamenti La Nuova Sbarra srl, nella quale sono custoditi 404 mila metri quadrati di terreni agricoli in località Acqua Pendente e altri 322 mila mq ad Amelia. Terreni che servono anche alla gestione di una scuderia composta da 256 cavalli, di cui 48 per il trotto e 208 per il galoppo. “Questa scuderia”, dice il bilancio, “è tra le prime d’Italia sia per numero di cavalli di proprietà che per le vittorie che si è aggiudicata”. Una grande passione per i cavalli, non c’è che dire. Che però non sembra andare di pari passo con la passione per il pagamento delle tasse.
Il Senato prende le distanze: ora Scarpellini è un appestato
Adesso c’è la corsa a prenderne le distanze. Come se le istituzioni pubbliche, e in particolare il Senato, non avessero contribuito negli ultimi anni a rimpinguare le tasche di Sergio Scarpellini, l’immobiliarista proprietario di gran parte degli immobili al centro di Roma affittati al Parlamento. Dopo l’inchiesta de La Notizia, che ieri ha raccontato come il “palazzinaro” della casta abbia immobili valutati 1,2 miliardi di euro, ma allo stesso tempo sia gravato da debiti con il Fisco per oltre 100 milioni, è arrivata la reazione del Senato, oggi guidato da Pietro Grasso. Questa la nota diffusa per tentare la disperata difesa: “In relazione a quanto pubblicato negli ultimi giorni dagli organi d’informazione sui cosiddetti affitti d’oro, si precisa che il Senato della Repubblica non ha più alcun rapporto con le società riconducibili a Sergio Scarpellini. L’ultimo rapporto contrattuale, relativo all’affitto dell’ex Hotel Bologna, si è concluso il 30 aprile 2013”. Appunto, la classica smentita che non smentisce, ma che addirittura finisce con il confermare tutto. Nell’inchiesta, infatti, si spiegava che in base all’ultimo bilancio 2012 depositato dalla Milano 90, ovvero la società di Scarpellini proprietaria gli immobili, i ricavi dagli affitti dei palazzi a Camera, Senato e alle altre istituzioni, servizi accessori compresi, ammontano a 46 milioni di euro l’anno. Ora, è sin troppo evidente che il bilancio 2012 fa riferimento all’esercizio chiuso il 31 dicembre di quell’anno. E’ del tutto ovvio, quindi, che nella cifra rientrino anche i ricavi ottenuti da Scarpellini per gli immobili allora affittati al Senato. Di più, perché il fatto che i contratti residui con palazzo Madama, riguardanti nella fattispecie l’ex Hotel Bologna a Roma, si siano conclusi il 30 aprile del 2013, farà si che anche nel bilancio 2013 della Milano 90 ci sarà traccia dei relativi ricavi. Piuttosto appare alquanto facile, proprio adesso che è riesplosa la polemica sugli affitti d’oro che costano 12 miliardi di euro l’anno alla pubblica amministrazione centrale e periferica, prendere le distanze da un immobiliarista che lo stesso Senato ha contribuito a foraggiare in questi anni. Esattamente quello Scarpellini che, nonostante abbia incassato qualcosa come 444 milioni di euro di affitti in 18 anni, ancora oggi ha debiti con il Fisco per la bellezza di 100 milioni di euro. Per la serie: prendere senza dare.