Giustizia, il presidente del Tribunale di Palermo Morosini accusa: “Le riforme del governo depotenziano la lotta a mafia e corruzione”. E lancia l’allarme anche sulla separazione delle carriere

Per Morosini il centrodestra sta smontando uno per uno gli strumenti di lotta a mafia e corruzione. "Vogliono giudici "allineati, addomesticati, ubbidienti”

Giustizia, il presidente del Tribunale di Palermo Morosini accusa: “Le riforme del governo depotenziano la lotta a mafia e corruzione”. E lancia l’allarme anche sulla separazione delle carriere

“Le riforme del governo in tema di giustizia preoccupano” perché depotenziano la lotta “a mafia e corruzione”. È l’allarme scandito ieri con grande chiarezza da Piergiorgio Morosini, presidente del Tribunale di Palermo, durante l’Assemblea nazionale contro mafia e corruzione della Cgil nazionale “Per essere liberi dalle mafie votiamo per i diritti” che si è svolta nel capoluogo siciliano, alla vigilia del 43° anniversario dell’assassinio di Pio La Torre.

“Abbiamo sentito spesso, anche in questi giorni, esponenti di vertici del governo che continuano a sostenere che la lotta alla mafia e alla corruzione sono delle priorità per il nostro Paese”, ha detto il giudice, “Questo è molto confortante, ma vi sono condotte concrete che destano una qualche preoccupazione in questa prospettiva”.

Morosini: “Indeboliti gli strumenti di controllo penale

Per Morosini “l’impatto di riforme recenti sul piano della giustizia penale come l’abolizione dell’abuso d’ufficio, il ridimensionamento del reato di traffico di influenze, la riduzione della possibilità di intercettare nei procedimenti penali, possiamo dire oggettivamente che determinano un indebolimento degli strumenti di controllo penale delle condotte nel circuito della pubblica amministrazione”.

“La mafia sparita dai media”

Un allarme fatto proprio anche dall’ex magistrato ed ex presidente del Senato, Pietro Grasso: “Da tempo ormai non si parla più di mafia. È sparita dai media e sembra quasi che non esista più, si vuole far passare l’idea che non esista perché sono diminuiti gli omicidi di mafia. Le morti sono più quelle in famiglia o sul lavoro. La mafia oggi, invece, si occupa sempre di più, di affari e cerca di infiltrarsi nell’economia legale, negli appalti, nelle forniture e nelle concessioni”.

Strada libera per i comitati d’affari

A preoccupare Morosini è l’insieme delle riforme portate avanti dal governo Meloni. “E se a questo si aggiunge la riforma relativa al codice degli appalti e subappalti, in assenza di leggi che regolamentano le lobby” ha infatti aggiunto il presidente del tribunale palermitano, “dobbiamo ascoltare quello che ci dice il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, quando sostiene che si sono create nuove opportunità per quei comitati d’affari che prosperano sull’illegalità delle pubbliche amministrazioni. A ben vedere oggi questi comitati d’affari sono integrati spesso dalle mafie, e questo lo dicono sentenze recenti dell’autorità giudiziaria di Milano, di Reggio Calabria, di Napoli, Torino, Palermo, Bologna. Le élite mafiose oggi investono su quei comitati d’affari, e queste élite mafiose aderiscono a cricche senza ricorrere al metodo intimidatorio”, ha aggiunto.

Con la riforma il governo vuole giudici “allineati, addomesticati, ubbidienti”

Ma ieri Morosini è andato anche oltre, puntando il dito anche contro la separazione delle carriere voluta dal suo ex collega, ora ministro della Giustizia, Carlo Nordio. “La riforma costituzionale in gestazione ha sulle labbra la separazione delle carriere tra giudici e pm, ma nel cuore ha l’azzeramento della separazione tra poteri”. Per Morosini lo scopo vero della riforma è andare “a indebolire, smembrandolo, il Csm, togliendogli competenze”. “Il rischio”, ha aggiunto, “è quello di avere dei giudici allineati, addomesticati, ubbidienti”.

Suona l’allarme anche l’Anm

Altrettanto esplicita la bocciatura della riforma arrivata dal segretario Anm, Rocco Maruotti: “C’è un progressivo arretramento dei presidi costituzionali che hanno garantito il libero esercizio dei diritti fondamentali, in Italia e anche in Europa. Nelle attuali democrazie si nega il diritto di essere sé stessi, vedi il divieto di manifestazioni Lgbtq+ nell’Ungheria di Orban”.

Per Maruotti “si arrestano gli oppositori politici, vedi l’arresto di Imamoglu nella Turchia di Erdogan oggi ospite del governo Meloni, quale migliore occasione per dire qualcosa sul pericolo insito nella repressione del dissenso politico”, ha continuato, “oppure dove, secondo una lettura invertita dalla settima disposizione transitoria della Costituzione, si identifica una giovane fornaia che esalta i valori costituzionali e non si identifica nessuno dei partecipanti ad una folta manifestazione in cui si rende omaggio alla memoria del fondatore del partito fascista”.